I musei storici per il dialogo interculturale

Adriana Bortolotti
Clio '92 - Associazione di insegnanti e ricercatori sulla didattica della storia
2007

Le esigenze in termini di formazione al dialogo interculturale presenti oggi nella realtà italiana sollevano problematiche e chiedono risposte che coinvolgono anche i musei e le altre istituzioni culturali nella veste sia di educatori sia di custodi attivi del patrimonio. Prendere atto di questo nuovo percorso di riflessione e di azione che si apre per il presente e il futuro delle istituzioni culturali è un primo passo fondamentale, in molti casi già compiuto. Rispondere adeguatamente, in termini di orientamento, contenuti e articolazione delle iniziative, alle esigenze che la collettività di riferimento presenta in tema di formazione al dialogo interculturale costituisce un passo ulteriore, complesso e di ampia portata, che richiede per essere attuato il ripensamento dell’organizzazione e dell’intera attività dell’istituzione.
Si tratta essenzialmente di diventare operativi assumendo un’impostazione attiva piuttosto che difensiva: non limitarsi cioè a svolgere l’attività istituzionale in modo che nessun appartenente a culture “altre” si senta offeso da scelte linguistiche, concettuali, tematiche, espositive, … bensì agire per costruire un approccio corretto ed efficace al dialogo interculturale, intervenendo sulle conoscenze, sulla mentalità e sui comportamenti sia del personale interno sia del pubblico autoctono e di origine immigrata attraverso iniziative che abbiano il dialogo interculturale come esplicita finalità.
Questo cambiamento di impostazione coinvolge necessariamente tutti i settori di un’istituzione culturale e apre due delicati ambiti di primo intervento:
– l’acquisizione a livello direzionale di una nuova direttrice mentale ed operativa;
– la formazione del personale, che in riferimento all’intercultura deve conoscere teorie, linguaggi, esigenze ed esperienze; essere in grado di individuare finalità, risorse, strategie e strumenti per agire all’interno dell’istituzione di appartenenza e in situazioni di partenariato interistituzionale; apprendere a dialogare in prima persona e a far dialogare il pubblico.
Assolta tale duplice necessità, l’istituzione può avviare il ripensamento del complesso delle sue attività nella prospettiva interculturale, ossia non solo le iniziative rivolte direttamente al pubblico, ma anche i settori che creano per queste ultime i presupposti indispensabili in termini di conoscenze e risorse.


Le collezioni: acquisire, conservare, documentare

Per quanto concerne i musei storici, ad esempio, risulta fondamentale ripensare in primo luogo le scelte di acquisizione e di ricerca. Un museo storico dovrebbe aprire i propri depositi a materiali che consentono di definire i tratti delle culture avvicendatesi nel territorio di riferimento, sia dominanti che minoritarie, nonché a materiali che documentano, nel passato e/o nel presente, i processi di osmosi e/o di conflitto tra la cultura della collettività locale e culture “altre”, sia prossime che distanti rispetto al territorio. Se il periodo di cui il museo si occupa è quello contemporaneo, le scelte di acquisizione possono indirizzarsi anche verso le comunità di migranti attualmente insediate nell’area, raccogliendo testimonianze della loro presenza in una duplice prospettiva, quella delle comunità stesse e quella della popolazione autoctona.
Implementare le collezioni in chiave interculturale comporta la possibilità di dover ampliare i criteri di documentazione, di conservazione e di classificazione, poiché le testimonianze che affluiscono possono essere di tipologia diversa rispetto a quelle raccolte per la collettività autoctona di riferimento e possono richiedere per la loro classificazione conoscenze di altri ambiti disciplinari nonché termini in una lingua differente anche dal punto di vista alfabetico, necessari perché intraducibili.

Gli indirizzi di ricerca e di studio
Collegato a tali scelte di acquisizione nel caso esse siano attuabili, ma necessario anche a prescindere da queste, è l’avvio da parte del museo di nuovi indirizzi di ricerca e di studio in prospettiva interculturale.
Le collezioni così come le vicende storiche possono essere lette secondo la chiave dei processi osmotici e/o conflittuali tra culture; il presente come il passato possono essere indagati ponendo in rapporto dialettico il punto di vista dominante e quelli “altri” culturalmente; la presenza attuale e/o trascorsa di comunità migranti nel territorio può essere argomento di studio non solo per quanto riguarda la relazione con la collettività autoctona, bensì sotto il profilo dei caratteri propri a tali gruppi umani e del loro rapporto con i Paesi e le culture di origine; si possono ricomporre i tratti dell’identità collettiva territoriale, nel passato e nel presente, considerandola un processo e non un’entità definita e statica, un mosaico e non un monolite, un argomento di dialogo narrativo e non di autoaffermazione egemonica e isolazionista.
Particolare attenzione dovrebbe essere rivolta alle collezioni già presenti presso il museo, che rilette in chiave interculturale possono rivelare una ricchezza imprevista di contenuti e di appartenenze oppure evidenziare consolidati errori di interpretazione e attribuzione. Inoltre se l’implementazione delle raccolte risulta onerosa o impraticabile per il museo, una attenta considerazione delle testimonianze possedute rappresenta comunque un passo importante nella ridefinizione delle attività istituzionali.


Le scelte espositive

Il rinnovamento degli ambiti di raccolta, ricerca e studio secondo la prospettiva interculturale trova espressione concreta in primo luogo nelle scelte espositive del museo, per quanto riguarda la selezione delle testimonianze così come i linguaggi utilizzati e i contenuti proposti; secondariamente, negli argomenti, negli orientamenti e nella terminologia delle iniziative di comunicazione divulgativa, formativa e disciplinare specialistica come le conferenze, le pubblicazioni, le realizzazioni multimediali, i siti internet, i corsi di aggiornamento per docenti e professionisti museali. Sono questi i settori in cui più alto è il rischio di adottare un’impostazione difensiva anziché attiva. Nella preparazione di un’esposizione, ad esempio, può prevalere l’attenzione a non offendere individui appartenenti ad altre culture omettendo testimonianze o non esplicitando i messaggi denigratori che esse racchiudono, mentre una scelta più efficace in chiave interculturale sarebbe quella di esporle e di evidenziare i messaggi con un’adeguata spiegazione e contestualizzazione storico-culturale; di affiancare, se possibile, testimonianze e proposte di lettura dei medesimi eventi o temi che diano voce alla cultura offesa; di impostare approfondimenti che consentano una confronto dialettico tra i due punti di vista.
Tradurre sul piano espositivo la prospettiva interculturale assunta dal museo non implica necessariamente la ristrutturazione completa dei percorsi già in essere, con alti costi in termini economici, di tempo e di spazi. Si possono ad esempio evidenziare i processi osmotici e/o conflittuali tra culture segnalando con didascalie di colore diverso le testimonianze già esposte che li documentano e predisponendo testi esplicativi più estesi in forma di schede asportabili o di pannelli o ancora di approfondimenti disponibili su postazioni informatiche e sul sito internet del museo. Nel caso sia necessario invece correggere l’ottica dell’esposizione e integrarla per introdurre argomenti, contestualizzazioni e componenti, le moderne tecnologie offrono soluzioni che possono evitare nuove acquisizioni di testimonianze nonché riallestimenti: esse consentono infatti di proporre riproduzioni virtuali di oggetti oppure documenti iconografici, filmici ed orali utili a conoscere altre testimonianze anche di culture diverse, a ricomporre contesti, a percorrere nuove ottiche di lettura storica anche comparate. Ancora più semplicemente, ma con minori possibilità di costruire percorsi conoscitivi complessi e con differente efficacia comunicativa, pannelli e schede asportabili possono essere inseriti nell’esposizione con le riproduzioni iconografiche e i testi richiesti per la correzione e l’integrazione dell’esposizione.

La comunicazione
La nuova impostazione interculturale del museo deve trovare espressione anche nelle iniziative di comunicazione divulgativa, formativa e disciplinare specialistica: contenuti, linguaggio e orientamenti devono essere adeguati ai mutamenti di prospettiva avvenuti nella gestione delle collezioni e negli ambiti di studio e ricerca, e devono assumere come finalità esplicita la promozione del dialogo aperto e costruttivo tra culture differenti e la formazione degli individui a parteciparvi. L’efficacia delle iniziative risulta correlata a due elementi che devono guidarne progettazione e attuazione: l’analisi preventiva dei caratteri e delle esigenze in tema di intercultura presenti sul territorio di riferimento del museo; la diversificazione di contenuti, strategie e obiettivi in relazione a differenti tipologie di destinatari da individuare sia nel pubblico autoctono, sia nelle comunità di migranti.

Il linguaggio
L’attenzione al linguaggio, che deve essere adottata sia per le iniziative di comunicazione che per i supporti espositivi, comporta non solo la scelta di termini adeguati alle finalità e ai temi interculturali assunti dal museo, ma soprattutto la decisione di ampliare l’accessibilità cognitiva alle proposte museali attraverso l’utilizzo di altre lingue oltre a quella italiana, selezionate in riferimento alle comunità di migranti presenti sul territorio. La scelta più efficace risulta quella di adottare supporti in altre lingue intesi e quindi strutturati quali strumenti di facilitazione non sostitutivi, così da far comprendere la cultura della quale il museo è espressione anche attraverso la lingua che ne è parte: si possono proporre ad esempio abstract dei testi usati nelle esposizioni oppure delle relazioni di una conferenza abbinandoli a traduzioni e spiegazioni delle parole chiave; si possono predisporre su schede spiegazioni dei significati culturali assunti nel contesto di riferimento dalle testimonianze esposte. In tal modo i testi nella lingua dei migranti divengono strumenti per sostenere l’accessibilità cognitiva e favorire la padronanza linguistica in relazione alla cultura ospitante.


L’indispensabile sinergia di saperi

Il rinnovamento del complesso di attività di un’istituzione museale secondo la prospettiva interculturale è un processo che non può essere avviato né tanto meno concluso efficacemente utilizzando le sole competenze interne, per quanto costruite attraverso adeguati percorsi formativi. Infatti l’approccio conoscitivo ed educativo al patrimonio culturale, insieme polivalente, può avvenire correttamente solo sulla base della sinergia di ottiche disciplinari, competenze professionali e metodologiche, matrici culturali – una sinergia realizzabile se si chiamano a collaborare in partenariato soggetti che custodiscono saperi differenti, selezionati in relazione a ogni specifica iniziativa.
Per assumere correttamente ed efficacemente la prospettiva interculturale, figure a cui il museo deve ricorrere sono:
– gli esperti di settore, al fine di conoscere contenuti e modalità del dialogo tra culture diverse;
– i docenti delle istituzioni scolastiche che si occupano, nell’ambito di apposite strutture, delle problematiche degli alunni stranieri e della formazione interculturale;
– i professionisti di istituzioni culturali che, in particolare nel territorio, hanno già attuato iniziative per il dialogo tra culture, al fine di acquisire i dati dell’esperienza da loro compiuta.
Essenziali al pari di queste figure sono inoltre i rappresentanti delle comunità di migranti in grado di farsi interpreti della cultura di appartenenza e di stabilire un rapporto attivo e continuativo tra il museo e la collettività da cui provengono. Il loro contributo è imprescindibile in riferimento alle scelte che il museo deve compiere in ogni ambito di attività: la rilettura delle collezioni e delle vicende storiche attuali e trascorse secondo il punto di vista di altre culture, la ricostruzione dei processi di osmosi e conflitto culturale riguardanti il territorio, la rilevazione delle esigenze in tema di intercultura nelle comunità di migranti e l’individuazione di destinatari per iniziative su questo tema a essi rivolte, la preparazione di strumenti di facilitazione linguistica e cognitiva. Soprattutto, come sottolineano documenti redatti da organismi internazionali quali UNESCO e ICOMOS (International Council on Monuments and Sites), nel caso in cui il museo intenda raccogliere testimonianze delle culture “altre” presenti sul territorio, la partecipazione alla loro interpretazione e gestione è un diritto fondamentale delle diverse comunità.
Figure privilegiate in grado di coadiuvare il museo sono infine i mediatori culturali. Essi possiedono usualmente ampie conoscenze relative alla cultura di provenienza, per di più già elaborate in chiave interculturale; dispongono inoltre di una rete di contatti con le diverse articolazioni della comunità di riferimento, e sono a conoscenza delle problematiche e delle esigenze connesse all’attivazione, insieme a loro, di un aperto e costruttivo dialogo interculturale.

Adriana Bortolotti è conservatore presso il Museo storico di Bergamo e membro del gruppo di lavoro di Clio '92 (Associazione di insegnanti e ricercatori per la didattica della storia) che sta elaborando le "Tesi per l'educazione al patrimonio culturale". I suoi ambiti di ricerca sono la storia italiana dell'Ottocento e del Novecento e le discipline specialistiche inerenti l'ambito museale, in particolare la museologia e la progettazione educativa. Collabora con istituzioni culturali e scolastiche per ricerche storiche, per iniziative di valorizzazione culturale del patrimonio e per la formazione di operatori museali ed insegnanti