Quando l’IBC della Regione Emilia-Romagna ci ha proposto di partecipare ad un bando per l’adesione al progetto europeo MAP for ID (Museums as Places for Intercultural Dialogue) ci siamo subito interrogati su quali potenzialità avesse il nostro museo come luogo di dialogo interculturale.
Il Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena conserva materiali che raccontano la storia del territorio e della città dalla preistoria al Medioevo. Quale interesse potevano suscitare queste testimonianze presso gruppi di migranti, peraltro ancora da identificare?
La chiave ci è stata fornita da una riflessione sulla natura del nostro Museo, che fa parte della schiera di quei musei creati oltre un secolo fa per rappresentare l’identità cittadina e tramandarne la memoria alle generazioni future.
La considerazione successiva è stata che questi musei, i cosiddetti “musei della città”, sono oggi chiamati a ridefinire il proprio ruolo in una società sempre più multiculturale. Ma come ridefinirlo? L’apertura verso i “nuovi cittadini” non può limitarsi ad una semplice trasmissione di contenuti; deve piuttosto implicare un coinvolgimento a partire da un’idea condivisa di “patrimonio culturale”, inteso come bene che una comunità nel suo complesso è chiamata a tutelare, conservare, valorizzare.
In quest’ottica il progetto “Choose the Piece” ha cominciato a prendere forma e a individuare nel “passaggio del testimone” un’azione corretta e coerente per rivolgersi ai nuovi cittadini.
Come formalizzare questo passaggio? Attraverso l’adozione simbolica di reperti archeologici che scandiscono la storia del territorio e della città scelti direttamente dai destinatari del nostro progetto.
Come testimoniare, rendere pubblica e condividere con “nuovi” e “vecchi” cittadini modenesi questa esperienza? Attraverso gli scatti di un fotografo che avrebbero immortalato il contatto diretto fra l’adottante e il pezzo, e che sarebbero andati ad illustrare uno degli oggetti più popolari, più trasversali, più intimi ma anche più pubblici e condivisi della vita quotidiana: un’agenda.
Queste riflessioni procedevano parallelamente all’individuazione dei destinatari: dopo una serie di contatti con i referenti istituzionali e le associazioni operanti nel settore dell’intercultura, abbiamo contattato il Centro Territoriale Permanente di Modena, con il quale avevamo già avuto una precedente positiva esperienza. Questa scelta è stata dettata anche dalla necessità di lavorare con gruppi già aggregati e con uno stesso livello di conoscenza della lingua italiana e della storia del territorio. Il progetto è stato pertanto proposto ad un gruppo di migranti adulti e adolescenti frequentanti i corsi per l’abilitazione alla scuola secondaria di I grado presso il CTP.
Gli studenti coinvolti sono stati 60, appartenenti a quattro classi e provenienti da diciotto diversi paesi del mondo. Alcuni di loro si trovano in Italia da soli, altri con la famiglia, e appartengono soprattutto alle prime generazioni di migranti. La loro partecipazione è stata facilitata dalla costante e preziosa presenza degli insegnanti del CTP a partire dalla presentazione del progetto, al quale hanno aderito con entusiasmo.
È evidente che abbiamo dovuto completamente rimodulare la nostra presentazione delle raccolte del Museo, perché l’obiettivo principale non era quello di trasmettere conoscenze di carattere storico-archeologico, ma piuttosto quello di stimolare la condivisione di un patrimonio culturale.
Le fasi del progetto si sono sviluppate nell’arco di alcuni mesi, scanditi da momenti di incontro e discussione in Museo e in classe che hanno portato alla scelta “consapevole” del pezzo e alla sua adozione, formalizzata dalla consegna di un attestato di adozione. In questa occasione è stata fatta la scelta di abbattere la barriera della vetrina per consentire agli studenti di avere un contatto diretto con il pezzo scelto, favorendo così la percezione del reperto anche dal punto di vista tattile.
L’attestato è un diretto riconoscimento dell’impegno degli studenti e uno stimolo a proseguire il rapporto con il museo. Il testo riporta che lo studente diventa “tutore” dell’oggetto scelto e si impegna a salvaguardarlo e a diffonderne la conoscenza. Ovviamente si tratta di un’adozione simbolica, anche se gli studenti si sono sentiti investiti del compito di diffondere la conoscenza di questi oggetti ad amici e parenti in Italia e nei paesi di origine.
Le giornate in cui abbiamo realizzato i ritratti sono state fra le più coinvolgenti, divertenti e partecipate di tutto il progetto: il set fotografico allestito all’interno del Museo rendeva il salone più “amichevole”, e l’atmosfera non era aliena da un senso di leggera “trasgressione” rispetto all’austerità dell’ambiente. Il fotografo Paolo Terzi ha subito instaurato un rapporto di collaborazione con gli studenti, chiamati di volta in volta anche a sorreggere fari o a disporre schermi e supporti. La grande sensibilità del fotografo ha permesso la realizzazione di ritratti che testimoniano la partecipazione, il coinvolgimento e il senso di appartenenza che hanno sviluppato gli studenti.
Questa atmosfera ha favorito anche l’approfondimento della conoscenza degli studenti da parte degli operatori del Museo e la discussione sulle motivazioni che avevano portato alla scelta del pezzo: i momenti che avevamo individuato precedentemente (in classe con gli insegnanti, al museo in occasione della consegna dell’attestato) erano stati condizionati nel primo caso dal rapporto istituzionale insegnante-alunno, nel secondo da una certa soggezione che gli studenti avevano nei nostri confronti. Le motivazioni che gli studenti hanno dato ci hanno consentito di arricchire la nostra percezione dei pezzi di nuovi significati che scaturivano dal loro vissuto, ossia da tutto ciò che il pezzo evocava a livello di ricordi, di rimandi all’attuale condizione dei partecipanti, di speranze o anche solo di sensazioni legate al gusto o alla sensibilità personale.
C’è chi ha scelto un vaso di terracotta perché molto simile a quelli del suo paese; chi ha scelto una colorata ampolla in vetro perché ama vestirsi con gli stessi sgargianti colori; chi ha scelto un famoso mattone con un’iscrizione perché vorrebbe fare il muratore; chi ha scelto le suole dei sandali in legno perché gli ricordano i passi del bisnonno che sentiva da bambino, o chi ancora ha scelto una lepre pronta a scappare forse perché sogna di andare via, lontano.
Da parte degli studenti abbiamo recepito un atteggiamento estremamente positivo rispetto all’opportunità di divulgare un’immagine di sé collegata alla vita culturale della città, e pertanto diversa dallo “stereotipo del migrante”. L’adozione, la fotografia, la prospettiva dell’agenda e dell’evento che l’avrebbe presentata alla città hanno trasmesso a tutti i partecipanti la forte volontà di un’istituzione cittadina di coinvolgerli e di renderli partecipi del comune patrimonio culturale.
Il progetto è stato presentato pubblicamente al Museo Archeologico il 12 dicembre 2009 alla presenza del Sindaco, che ha consegnato ad ogni studente l’agenda “Choose the Piece 2010”. Nel corso della cerimonia due studenti, ormai abituali frequentatori del Museo, hanno letto un breve commento sull’esperienza vissuta: sono due testimonianze toccanti di quanto “aprire una porta” e accogliere possa significare in termini di conoscenza, confronto, scambio, partecipazione, inclusione.
A partire da quel giorno, e per tutto il 2010, saranno esposte nel Museo le gigantografie dei ritratti, mentre tutti gli oggetti adottati sono segnalati all’interno delle vetrine con il logo del progetto. Un pannello all’ingresso spiega le caratteristiche e le motivazioni di “Choose the Piece” in modo che chiunque possa conoscere l’esperienza che è stata condotta e recepire la volontà del nostro Museo di rappresentare un luogo di accoglienza per tutti.
Fra le 350 persone intervenute all’evento abbiamo notato tanti volti nuovi: non soltanto migranti, ma anche cittadini modenesi che non frequentano abitualmente il Museo e che erano incuriositi dalla proposta.
Alcuni giorni dopo abbiamo inaugurato la mostra “Mutina oltre le mura”: naturalmente, nel nostro indirizzario c’erano gli studenti del CTP, che hanno pertanto ricevuto l’invito. Vederli all’inaugurazione ci ha fatto capire che il progetto era andato nella direzione che volevamo.
Le svariate richieste di presentazione del progetto in città ci confermano che l’esperienza ha suscitato consensi e interesse. Grazie alla promozione in rete sono giunte al Museo moltissime richieste di agende, ormai esaurite, da parte di esponenti di associazioni interculturali, giornalisti, insegnanti.
Come proseguire questo cammino, rispetto al quale è impensabile ormai tornare indietro? Al momento stiamo ancora collaborando con il CTP per presentare il Museo alle nuove classi, ma è nostra intenzione attingere alla rete di relazioni che si è creata per costruire nuovi progetti in collaborazione con istituzioni e associazioni impegnate su temi legati all’intercultura: abbiamo trovato in “Choose the Piece” una risposta ai nostri dubbi sull’interesse che poteva suscitare il nostro Museo, e abbiamo ricavato dall’intera esperienza una profonda esperienza umana e professionale che può andare solo nella direzione della continuità.
La testimonianza di due partecipanti al progetto in occasione della presentazione pubblica di “Choose the Piece”
Buona sera, io sono Rahmat e vengo dall’Afghanistan.
Sono felice di essere qui questa sera per poter ringraziare pubblicamente a questa città, che mi ha accolto cosi bene.
Quando due anni fa sono arrivato dall’Afghanistan, avevo dei problemi: ero spaventato, timoroso, preoccupato, ero solo. Non sapevo cosa fare né dove andare. Il Centro di Accoglienza mi ha dato il primo conforto; la scuola, il CTP mi ha fornito i primi strumenti di comunicazione.
Nel mio Paese c’era la guerra, non si poteva frequentare la scuola. E qui ho invece trovato, pace, libertà, e umanità. Sono riuscito a studiare. Sto imparando meglio la lingua Italiana, la cultura, la storia di questo Paese e di questa straordinaria città che è Modena.
Con la scuola sono venuto al Museo, e questa è stata un’esperienza che non dimenticherò.
Ho imparato a conoscere gli oggetti del passato. Mi è piaciuto questo luogo che raccoglie la vita di uomini, vissuti tanti secoli fa.
Per questo sono tornato altre volte al Museo. E ora mi sono davvero appassionato a tutti gli oggetti, e alle storie che questi oggetti ci raccontano: del Paleolitico, del neolitico, e dell’ età Romana.
Io continuerò a studiare per imparare sempre di più… spero di poter presto essere utile a questo Paese, e a questa città, che è stata cosi gentile con me.
Grazie a tutti!
Salve a tutti!
Vorrei leggere questa definizione di MUSEO che mi è piaciuta tanto e che mi sembra particolarmente adatta a questa iniziativa: “‘Museo’ non è di cose morte, del passato, ma di cose della vita. Ogni volta che si trova un oggetto si capisce un po’ di più la vita, si può essere più attenti e rispettosi. Così il passato diventa il presente”.
Mi chiamo Charag Uddin, ho quasi 18 anni e vengo dal Bangladesh. Sono in Italia da quasi un anno e il motivo per cui mi trovo qui è lo studio. Perché ritengo di avere più possibilità di riuscita nella vita qui che nel mio paese. Il giorno in cui siamo venuti al Museo mi sono molto interessato, perciò sono tornato qui ancora cinque volte e non mi stancavo mai di vedere e rivedere tutti gli oggetti esposti, che per il loro aspetto e per il significato che hanno, per me sono davvero molto affascinanti. Sono rimasto particolarmente colpito soprattutto dalle “suole di sandali di legno”, ed è con questo tema che ho partecipato al progetto “Choose the Piece”, che mi ha consentito di frequentare ulteriormente e di conoscere meglio il Museo. Quelle giornate che abbiamo trascorso al Museo mi sono piaciute moltissimo, anche perché mi sono confrontato con altri ragazzi e ho potuto mostrare il mio lavoro che è stato molto apprezzato. Spero di avere ulteriori occasioni di incontri come questi, stimolanti ed istruttivi.
Grazie.
Ultim’ora!
La sera precedente l’invio di questo testo ha avuto luogo un incontro che ritengo rappresenti forse il più significativo follow-up dell’esperienza vissuta in “Choose the Piece”.
Charag, lo studente del Bangladesh che si è dimostrato uno dei partecipanti più attivi e coinvolti nel progetto, ci ha invitato a visitare una piccola raccolta di oggetti della prima e seconda guerra mondiale conservati in una teca nella scuola superiore che sta ora frequentando. All’arrivo a scuola ci siamo resi conto che il pubblico era ben più numeroso: compagni di scuola, insegnanti, alcuni studenti di “Choose the Piece”, il donatore della raccolta.
Dopo una breve spiegazione di questo piccolo “museo”, l’emozionatissimo Charag ci ha invitato a … scegliere un pezzo! Le nostre scelte, le nostre motivazioni, le nostre fotografie saranno riunite in un poster o in un piccolo stampato che rimarrà a testimoniare l’esperienza.
Al di là delle ricaduta emotiva che ha avuto su di noi questa “sorpresa”, credo che, grazie anche a persone come Charag Uddin, MAP for ID abbia seminato molto frutti che ora sta a noi raccogliere.