De la diversité culturelle au dialogue interculturel

Ministère de la Culture et de la Communication | 2008

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Questo numero della rivista “Culture et Recherche”, interamente dedicato al tema della diversità culturale e del dialogo interculturale, restituisce le riflessioni elaborate da antropologi, sociologi, storici, operatori del settore in occasione del convegno “L’Entre des cultures” (Royaumont, ottobre 2007) e rappresenta una sorta di “documento programmatico” del Ministero della Cultura e della Comunicazione francese per il 2008 Anno Europeo del Dialogo Interculturale.
Nel riconoscere il dialogo interculturale come una prima, importante applicazione della Convenzione Unesco per la protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali (2005)
, l’auspicio del Ministro della Cultura Christine Albanel è che possano prendere forma nuovi paradigmi di rappresentazione del mondo e di incontro/scambio con l’Altro, in grado di colmare le lacune dei modelli di integrazione dei nuovi cittadini sinora elaborati nei Paesi europei di più antica immigrazione.
Il dossier si apre con una interessante panoramica storica sull’evoluzione dal concetto di “eccezione culturale” (uno strumento ideato per salvaguardare le industrie culturali di alcuni Paesi europei – e in particolare la loro produzione cinematografica – dai processi di omologazione innescati dalla globalizzazione e in particolare dalla crescente egemonia statunitense) a quello di “diversità culturale” (che nella Dichiarazione universale Unesco sulla diversità culturale del 2001 
è ritenuta tanto necessaria per l’umanità quanto la biodiversità per la natura), per approdare infine alla nozione di “dialogo interculturale” (come conciliare identità culturale ed eterogeneità delle popolazioni, promuovendo la coesione sociale e lo scambio aperto e rispettoso di punti di vista tra individui, gruppi e organizzazioni con origini e sensibilità culturali differenti?). La premessa fondamentale consiste nel «considerare il riconoscimento della diversità delle culture e della loro pari dignità come una tappa necessaria: senza questa consapevolezza non vi è alcuna possibilità di dialogo; ma senza dialogo interculturale, il concetto di diversità rischia di condurre a una sorta di apartheid culturale».
Il numero si articola in quattro sezioni, rispettivamente dedicate a una riflessione socio-antropologica sui concetti di diversità, dialogo interculturale, métissage e pluralismo (“Le métissage culturel au défi de la mondialisation”), al ruolo del patrimonio nei processi di integrazione (“Les usages présents du passé: histoire, patrimoines, mémoires, musées”), alle politiche urbane in materia di interculturalità (“Présence sensible de l’interculturalitè dans la ville”), e ad alcune sfide poste dalla scuola multiculturale, dal plurilinguismo e dallo scambio internazionale di beni e servizi culturali (“Enjeux”).
Nella sezione dedicata al patrimonio, i riflettori sono puntati su quesiti che hanno di recente alimentato il dibattito intorno a due progetti museali francesi particolarmente controversi: la Cité Nationale de l’Histoire de l’Immigration
e il Musée du quai Branly. Come incorporare la storia dell’immigrazione nelle narrative nazionali? Come promuovere una mediazione inclusiva dei beni culturali e della memoria nazionale/civica? Come educare a un rapporto più rispettoso con l’alterità? Quesiti di difficile risoluzione per i musei arroccati intorno a un’idea statica di patrimonio come “eredità” da salvaguardare e da trasmettere, perché, come lo stesso dossier di “Culture et Recherche” sottolinea, «non esistono “culture d’origine” incontaminate che entrano in relazione, ma identità “multi-referenziali” in costante evoluzione». Senza questa capacità di aprirsi a una concezione più dinamica e processuale di “patrimonio”, è impensabile che i musei riescano a colmare il ritardo accumulato nei confronti della società multiculturale.

Recensione a cura di Simona Bodo