Il 3 giugno 2007, alla presenza del Sindaco, nella sala Curò di Città Alta, a Bergamo, veniva consegnato il diploma di Mediatore Museale della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea a 31 migranti residenti in Bergamo e Provincia.
La cerimonia segnava la fine del “Corso per mediatori museali”, destinato a cittadini di origine immigrata residenti sul nostro territorio, per formarli e consentire loro di mettere la ricchezza della propria diversità culturale al servizio di un diritto fondamentale per l’uomo, il diritto a godere dei beni culturali, spesso vanificato da difficoltà economiche, linguistiche e culturali. Queste persone hanno seguito un corso sull’arte contemporanea (dalla fine dell’Ottocento ai giorni nostri), hanno studiato a fondo le collezioni permanenti della GAMeC, hanno sostenuto un esame finale e ora sono diventate Mediatori Museali, vale a dire persone a cui la GAMeC affida il delicato ma prezioso compito di portare in museo altri migranti, facendo loro visite guidate in lingua madre.
In questo modo è stato possibile risolvere, attraverso una iniziativa qualificata e qualificante come culturale, e non sociale, quelli che la nostra istituzione considerava importanti punti d’attenzione:
– sostenere il diritto ai beni culturali, che ci investiva del dovere di far conoscere a tutti i cittadini, anche a quelli provenienti da altri Paesi, questo diritto;
– raggiungere con una comunicazione efficace cittadini di altri Paesi, che a volte non parlano italiano, e per i quali il museo è luogo di esclusione, o luogo “invisibile”;
– creare un ponte tra le opere d’arte conservate in GAMeC – e quelle ospitate nelle esposizioni temporanee – e i migranti residenti sul territorio.
Coloro che sono oggi Mediatori museali hanno messo a nostra disposizione il loro bene più prezioso, il tempo, e hanno affrontato con noi timori, reciproci pregiudizi, fatica, entusiasmo. Hanno condiviso sin da subito quello che era il sogno che ci guidava: rendere la GAMeC un luogo di inclusione e strumento di reciproca conoscenza.
I Mediatori sono retribuiti dalla GAMeC per ogni visita guidata da loro effettuata e hanno accesso gratuito al museo, così come le persone che essi accompagnano, abbattendo così in un solo colpo le barriere linguistiche, quelle economiche e culturali.
Dei 31 Mediatori, già 15 hanno iniziato a portare a più riprese i connazionali alla GAMeC: dal mese di giugno 2007 a oggi 470 persone sono venute a vedere le collezioni permanenti e le mostre temporanee della GAMeC, accompagnate dai Mediatori.
Si tratta di un risultato ampiamente positivo, che nulla ha a che vedere con il “ritorno economico”, ma che è da inserire nel quadro più ampio del dibattito che vede i musei, oggi, come luoghi privilegiati del possibile, e auspicabile, dialogo interculturale, e importanti agenti di valorizzazione e promozione di una cittadinanza attiva e consapevole, intesa nell’accezione più ampia e alta del termine.
Il percorso non è semplice. In tutta sincerità si deve anzi ammettere che è faticoso, e questo vale sia per i formatori del gruppo che per i mediatori; ma la condivisione di conoscenze e competenze è per sua stessa natura un percorso che richiede pazienza e passione. Non è stato facile avventurarci – e uso il “noi” per non ribadire che quanto affermo è reciproco – insieme sul terreno dell’arte, perché ai corsisti non avevamo richiesto nessun prerequisito in tal senso, ma ci è stato di grande aiuto il fatto di camminare sul terreno del Novecento, che è pienamente presente ai nostri sensi, alla nostra storia, alla nostra memoria.
Quelli che ora sono Mediatori ci hanno aiutato discutendo con noi sulle opere, costruendo insieme a noi un discorso comune su artisti e movimenti su cui c’erano tante cose nuove da scoprire; ci siamo scontrati sui grandi temi dell’arte, ma anche i “tagli” di Fontana alla fine parlavano una lingua a tutti chiara e per nulla ambigua, e non sono infrequenti i discorsi in cui compaiono le frasi “il nostro Kandinsky”, “il nostro Manzù”.
In occasione di ogni nuova mostra, l’attività di formazione che i Servizi Educativi della GAMeC fanno abitualmente nei confronti degli Educatori museali è ora estesa ai Mediatori museali, che certo chiedono maggiori approfondimenti, e tempi meno frenetici di preparazione, ma sono diventati una presenza costante e un punto di riferimento imprescindibile per tutta la nostra programmazione educativa.
I primi riscontri acquisiti dal feed-back dei gruppi che sono stati condotti nelle visite guidate (albanesi, marocchini, brasiliani, boliviani, serbi, giapponesi, peruviani, rumeni, russi, svedesi…) hanno dimostrato quanto, per molti, l’ingresso in museo sia stato una conquista, e quanto spesso i Mediatori, pronti a parlare con entusiasmo sincero delle opere, si siano trovati a lavorare con maggiore delicatezza sul momento dell’accoglienza, sul fatto che, per le persone portate in GAMeC, l’essere fisicamente in “quel” luogo fosse un momento emotivamente importante, prima ancora di pensare all’esistenza delle opere.
Molte delle persone guidate dai nostri Mediatori entravano in un museo per la prima volta nella loro vita, e crediamo che sia importante che questo momento si sia legato alla possibilità di sentirsi ospiti importanti, ricevuti nella lingua madre. Altre persone abitavano sul territorio di Bergamo da anni, ma in museo non erano mai stati; alcuni ragazzi marocchini hanno detto che la loro guida, Hassan, aveva fatto loro vedere un aspetto bello del nostro Paese; altra conquista importante è stato l’ingresso in GAMeC di un gruppo di donne velate, certamente suggestivo, frutto di un lungo convincimento.
Non bisogna pensare, infatti, che la possibilità di visitare un museo sia sempre accolta con entusiasmo – e questo vale anche per i nostri connazionali! È importante che l’iniziativa venga proposta, che chi accompagna si prenda cura delle persone che vuole portare, le convinca, superi le loro diffidenze e metta in fuga paure e pregiudizi.
Entrare in un museo è, una volta superata la scuola dell’obbligo (dove la tappa in uno di questi luoghi è ricorrente), una questione di interesse e di fiducia. Ma l’interesse deve essere stato coltivato, accompagnato, supportato, mentre la fiducia è il fattore su cui noi abbiamo preferito puntare. I Mediatori cercano la fiducia dei connazionali nel proporre loro un itinerario anomalo, che però al termine dell’esperienza sembra qualificarsi come qualcosa da rifare, e il museo diventa un luogo in cui tornare.
Mi sembra inoltre importante dire che i Mediatori si sono posti come protagonisti attivi dell’attività culturale della GAMeC non solo relativamente a mostre specifiche (mi riferisco al contributo di Anna Zhang, Mediatrice museale cinese, in occasione della mostra che in questo periodo dedichiamo a Yan Pei-Ming, o a quello di Doina Ene, Mediatrice museale rumena, alla mostra che parallelamente dedichiamo all’artista rumeno Victor Man), ma anche collaborando a diversi progetti. Mi piace citarne almeno due.
L’artista Luca Vitone, che il 18 marzo inaugura in GAMeC la mostra Ovunque a casa propria, ha progettato un lavoro inedito per gli spazi pubblici della città di Bergamo. L’opera è un collage di interviste a migranti che risiedono in città e provincia, realizzate attraverso la collaborazione con i Mediatori Museali della GAMeC. Nell’ultima settimana di apertura della mostra, e in coincidenza con la Giornata Mondiale dei Musei promossa dall’ICOM – International Council of Museums, che quest’anno ha come tema “I musei come agenti di cambiamento sociale e sviluppo”, vari punti della città saranno animati da una installazione sonora in cui persone provenienti da più parti del mondo raccontano come e se immaginano il proprio ritorno a casa. Una polifonia di accenti e suggestioni come in una moderna Odissea, fatta di speranze, memoria e futuro.
La seconda collaborazione sta nascendo in occasione di Sudamericana. Destinazione cinema, una rassegna in lingua originale di film dell’America Latina che la GAMeC sta progettando insieme alla Fondazione Dalmine e alla Fundacion Proa di Buenos Aires. In questo ambito è stato chiesto l’aiuto dei Mediatori per fare sì che questa iniziativa possa essere vissuta e partecipata attivamente da tutti i cittadini provenienti dai Paesi dell’America Centrale e Meridionale, che formano una delle più importanti comunità di migrazione sul territorio, attraverso la condivisione e la progettazione condivisa della rassegna stessa e degli eventi collaterali.