Questo volume, pubblicato all’interno della “Collana Pedagogia degli adulti” diretta da Maria Luisa De Natale, nasce da un lavoro di ricerca finanziato dal fondo “Alberto Archetti” di Brescia e condotto, dal 2008 al 2010, nel corso del Dottorato in Scienze pedagogiche presso l’Università degli Studi di Bergamo. Si tratta di una ricerca orientata a legittimare, da un punto di vista pedagogico e didattico, l’idea che il patrimonio culturale e artistico italiano possa diventare strumento di integrazione per i migranti, nonché occasione di incontro affinché persone provenienti da culture diverse si possano parlare, conoscere e capire. Il tema proposto assume un rilievo significativo per l’attuale discorso pedagogico, impegnato a ridefinire il rapporto esistente tra l’educazione dell’uomo contemporaneo e un contesto sociale e culturale investito da rapide, continue e radicali trasformazioni, alimentate in maniera determinante dal fenomeno migratorio.
Di fronte a questo scenario, analizzato nel primo e nel secondo capitolo del volume, si è posta come inevitabile la scelta di un orizzonte epistemologico volto a sviluppare, saldandoli tra loro, i diversi ambiti di riflessione proposti, vale a dire l’educazione degli adulti (e in particolare degli adulti migranti), l’educazione interculturale e l’educazione estetica e all’arte.
La scelta dell’orizzonte pedagogico particolarmente feconda in simile direzione si è orientata sul Personalismo pedagogico italiano e sulla prospettiva antropologica della persona umana, approfonditi nel terzo capitolo del volume. Specificare le ragioni sottese a simile scelta significa delineare la posizione che il Personalismo pedagogico assume rispetto ad ognuno dei tre ambiti di riflessione indicati.
In merito all’educazione degli adulti, la prospettiva personalistica considera ogni individuo una persona sempre in cambiamento grazie alla propria inesauribilità, espressione di particolari esigenze educative e culturali che la pedagogia, tradizionalmente dedicata ai giovani, non può certo permettersi di trascurare.
In merito all’educazione interculturale, la prospettiva personalistica assume, inoltre, una forte valenza se ogni adulto, migrante o autoctono che sia, viene inteso come persona unica, irripetibile e, al tempo stesso, aperta alla relazionalità. In entrambe le prospettive, dunque, il concetto di persona umana è capace di rendere conto delle specificità personali e culturali di ognuno e, contemporaneamente, dell’universalità che caratterizza tutti gli uomini, continuamente da riscoprire nei valori della libertà, della responsabilità, della relazionalità e della dignità. Proprio per questo, il discorso educativo nei confronti del migrante si traduce in un discorso più ampio che si rivolge ad ogni persona.
Per quanto riguarda il terzo ambito di riflessione, il Personalismo considera l’educazione all’arte e l’educazione estetica componenti fondamentali dell’educazione armonica e integrale della persona umana. Nell’ottica di questo lavoro, l’arte non rappresenta un mero contenuto da apprendere, ma un pretesto affinché sia l’autoctono, sia il migrante possano migliorare la qualità della propria vita, attraverso la ricerca continua, libera e responsabile del vero, del bene e del bello. Grazie all’educazione all’arte e all’educazione estetica, la costante tensione dell’uomo a cercare il vero, il bene e il bello in ogni cosa che impara e fa non può che tradursi, nell’attuale società multiculturale, nella tensione ad aprirsi all’altro e a riscoprire un codice comune di comunicazione e di dialogo interpersonale. Grazie al suo linguaggio universale, che permette di superare gli ostacoli dell’incomprensione linguistica, e grazie ai valori che evoca, l’arte permette di riscoprire il senso profondo di una comune appartenenza umana e, al tempo stesso, offre la possibilità di interpretare i suoi contenuti e le sue forme in base alle specificità personali e culturali di ognuno.
Il raggiungimento di tale consapevolezza non è solo l’esito della ricerca teorica; essa è anche il frutto delle riflessioni maturate nel corso della conduzione della parte empirica della ricerca, che integra, supporta e completa il quadro teorico a cui si è accennato. La sezione pratica di questo volume, a cui si dedicano gli ultimi tre capitoli, consiste nella rielaborazione critica di due situazioni formative considerate rappresentative rispetto a quelle esperienze che in questi anni si sono rivelate pioniere nell’aver considerato il museo, il contesto urbano e il patrimonio artistico per la loro funzione educativa: il riferimento va al “Corso per Mediatori Museali”, attivato nel 2007 dalla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, e al “Corso per mediatori artistico-culturali”, ispirato al corso della GAMeC e organizzato nel 2010 dall’Associazione Amici del FAI. Nell’ambito di queste iniziative, si è cercato di osservare e mettere in atto, in forma sperimentale, percorsi d’azione didattica volti a legittimare quanto sostenuto teoricamente. L’intento è stato quello di sperimentare delle modalità didattiche “attive”, come l’approccio biografico e il cooperative learning, attraverso le quali i contenuti del patrimonio artistico e culturale, espressione di valori definiti universali, possano veicolare i presupposti per un reale dialogo tra persone provenienti da culture diverse.
La conoscenza diretta dei partecipanti ai corsi della GAMeC e del FAI e delle loro storie è stata l’occasione fondamentale per conferire senso e significato a un principio assunto come un filo rosso irrinunciabile dell’intero lavoro, una sorta di anello di congiunzione delle tre prospettive sollecitate nel quadro teorico: dovendo affrontare situazioni nuove, talvolta incomprensibili perché lontane dalla loro cultura, i migranti coinvolti nella ricerca mostrano un costante impegno nella faticosa ricerca di un equilibrio tra i dettami della cultura di provenienza, che vorrebbero comunque preservare, le esigenze contingenti e strutturali poste dal paese che li accoglie, e la possibilità di concretizzare atti umani liberi e responsabili. Pertanto, nell’attuale società, caratterizzata da una crescente mobilità sociale e culturale e dal conseguente e inevitabile incontro con il “diverso”, colui che, per una serie di ragioni, entra a far parte di una nuova comunità, collocandosi a cavallo tra più culture, rende visibili, estremizzandoli, i caratteri dell’esistenza dell’uomo contemporaneo.
Ciò significa che la pedagogia, considerata in una prospettiva permanente, non può concepire il discorso interculturale in maniera separata dal discorso generale sull’educazione dell’uomo contemporaneo.
In questo senso, la conoscenza del nostro patrimonio culturale e artistico diventa per tutti, italiani e migranti, uno strumento di integrazione sociale e culturale nella misura in cui rappresenta un pretesto per sentirsi parte di una comunità, per dare senso ad una vita incerta e difficile, e per condividere con altre persone la ricerca di quei valori umani che, indipendentemente dalla cultura di provenienza, rafforzano il rispetto della specificità di ognuno e della dignità di tutti.
La pubblicazione si ispira alla tesi di dottorato di ricerca dell’autrice in Scienze Pedagogiche, “L’educazione degli adulti tra arte e intercultura. La metafora del migrante per l’educazione dell’uomo contemporaneo”.