È attraverso la relazione con l’ambiente che il soggetto prende forma e costruisce conoscenza, e l’ambiente è un linguaggio fatto di segni, dimensione in cui gli elementi sono interconnessi, caratterizzato dalla complessità dei legami: sono queste considerazioni alla base del percorso di riflessione sull’educazione ambientale che Giovanna Del Gobbo sviluppa nel suo volume. Organizzato in sei capitoli e corredato di una ricca bibliografia e sitografia, nella prima parte il testo affronta studi teorico-metodologici per approfondire la relazione tra soggetto e ambiente come base del processo conoscitivo. Una relazione che permette al soggetto di costruire, sviluppare le sue conoscenze definendo costantemente delle ipotesi interpretative della realtà, nella misura in cui le conoscenze preesistenti risultano inefficaci e inadeguate a fronteggiare nuove richieste di adattamento, attraverso una prospettiva dialogico-dialettica.
Questa posizione, che sottolinea il ruolo attivo del soggetto, ma nel contempo evidenzia il suo forte legame con quanto lo circonda, è sostanziata nel volume anche attraverso una riflessione sulle metodologie in grado di connettersi pienamente con la dimensione naturale dell’apprendimento. La ricerca-azione partecipativa viene problematizzata e presentata per la sua valenza di metodologia esplorativa, che contiene istanze formative ed emancipative, e che consente di esplorare in profondità il rapporto tra soggetto e realtà naturale, culturale e sociale, realizzando esperienze di formazione e di trasformazione a diversi livelli, determinando e attivando nuovi processi di apprendimento.
Dalle metodologie scaturisce una considerazione sui contesti, e tra questi sul ruolo importante che possono assumere i musei. Il quinto capitolo in particolare, dal titolo “Ambiente, musei e intercultura: un’esperienza di lifelong learning”, è dedicato a un approfondimento sul valore dei musei e il loro essere catalizzatori dei saperi dell’ambiente. Si tratta della presentazione di un’esperienza formativa, e nel contempo di un personale percorso di ricerca dell’Autrice, sulle possibilità offerte dai musei per realizzare attività di educazione ambientale in chiave interculturale.
L’esperienza, realizzata con un gruppo di adulti e anziani di origine immigrata in due musei demo-etno-antropologici del Sistema Museale Territoriale del Mugello, consente di evidenziare la funzione dello spazio espositivo come luogo di confronto e di incontro tra culture che non prescinde da, ma valorizza anche, una dimensione autobiografica e soggettiva. Il museo viene presentato come luogo di integrazione e di relazione tra saperi: i saperi impliciti contenuti negli oggetti, i saperi esperti dell’allestimento e dell’operatore, e i saperi dei soggetti, protagonisti attivi di un percorso conoscitivo.
La prospettiva interculturale consente di mettere in luce una valenza del museo come luogo di compresenza di diversi codici comunicativi da utilizzare e da far interagire in un approccio che è caratterizzato dalla scoperta partecipata e intersoggettiva di legami tra culture a partire dagli oggetti. Oggetti che parlano e narrano storie, richiamano ricordi e provocano emozioni, attivano i partecipanti nella ricerca e nell’individuazione di spazi di dialogo e confronto tra la propria cultura e il nuovo contesto socio-culturale, ma anche di riscoperta di aspetti della propria identità da condividere con altri.
Il percorso presentato evidenzia come, dai ricordi carichi di significati emozionali, gli oggetti esposti consentano l’avvio di una serie di attribuzioni di altri significati attraverso vari atti mnemonici dall’indubbio valore in termini cognitivi: un’esplorazione a partire dal proprio patrimonio conoscitivo per rintracciarvi significati disponibili per scomporre e ricomporre, ricondurre all’interno di un nuovo ordine conoscitivo le sollecitazioni che provengono dal contesto. L’esperienza consente così di evidenziare come il gruppo di immigrati che vi hanno preso parte, posto nella condizione di vedere e leggere i segni che il museo offre, diventa in grado di selezionarli come rilevanti, e può inserirli nella sfera di attenzione della mente, andando ad alimentare il processo conoscitivo di ciascuno. Lo spazio museale viene a configurarsi come luogo interculturale che consente di praticare e confrontare modalità per costruire forme di conoscenza del nuovo ambiente, in un rapporto di interazione tra soggetti e con oggetti, segni dell’ambiente culturalmente connotati: in uno spazio delimitato, per certi aspetti protetto, una sorta di laboratorio da gestire metodologicamente. Così la metodologia della ricerca-azione partecipativa, connotata per la sua forte valenza esplorativa e motivazionale, anche nel museo viene rilevata come in grado di sviluppare un approccio olistico pertinente al riconoscimento della complessità implicita nei segni presenti e, nello specifico dell’esperienza, in grado di attivare e sostenere azioni di educazione interculturale.
Questa posizione, che sottolinea il ruolo attivo del soggetto, ma nel contempo evidenzia il suo forte legame con quanto lo circonda, è sostanziata nel volume anche attraverso una riflessione sulle metodologie in grado di connettersi pienamente con la dimensione naturale dell’apprendimento. La ricerca-azione partecipativa viene problematizzata e presentata per la sua valenza di metodologia esplorativa, che contiene istanze formative ed emancipative, e che consente di esplorare in profondità il rapporto tra soggetto e realtà naturale, culturale e sociale, realizzando esperienze di formazione e di trasformazione a diversi livelli, determinando e attivando nuovi processi di apprendimento.
Dalle metodologie scaturisce una considerazione sui contesti, e tra questi sul ruolo importante che possono assumere i musei. Il quinto capitolo in particolare, dal titolo “Ambiente, musei e intercultura: un’esperienza di lifelong learning”, è dedicato a un approfondimento sul valore dei musei e il loro essere catalizzatori dei saperi dell’ambiente. Si tratta della presentazione di un’esperienza formativa, e nel contempo di un personale percorso di ricerca dell’Autrice, sulle possibilità offerte dai musei per realizzare attività di educazione ambientale in chiave interculturale.
L’esperienza, realizzata con un gruppo di adulti e anziani di origine immigrata in due musei demo-etno-antropologici del Sistema Museale Territoriale del Mugello, consente di evidenziare la funzione dello spazio espositivo come luogo di confronto e di incontro tra culture che non prescinde da, ma valorizza anche, una dimensione autobiografica e soggettiva. Il museo viene presentato come luogo di integrazione e di relazione tra saperi: i saperi impliciti contenuti negli oggetti, i saperi esperti dell’allestimento e dell’operatore, e i saperi dei soggetti, protagonisti attivi di un percorso conoscitivo.
La prospettiva interculturale consente di mettere in luce una valenza del museo come luogo di compresenza di diversi codici comunicativi da utilizzare e da far interagire in un approccio che è caratterizzato dalla scoperta partecipata e intersoggettiva di legami tra culture a partire dagli oggetti. Oggetti che parlano e narrano storie, richiamano ricordi e provocano emozioni, attivano i partecipanti nella ricerca e nell’individuazione di spazi di dialogo e confronto tra la propria cultura e il nuovo contesto socio-culturale, ma anche di riscoperta di aspetti della propria identità da condividere con altri.
Il percorso presentato evidenzia come, dai ricordi carichi di significati emozionali, gli oggetti esposti consentano l’avvio di una serie di attribuzioni di altri significati attraverso vari atti mnemonici dall’indubbio valore in termini cognitivi: un’esplorazione a partire dal proprio patrimonio conoscitivo per rintracciarvi significati disponibili per scomporre e ricomporre, ricondurre all’interno di un nuovo ordine conoscitivo le sollecitazioni che provengono dal contesto. L’esperienza consente così di evidenziare come il gruppo di immigrati che vi hanno preso parte, posto nella condizione di vedere e leggere i segni che il museo offre, diventa in grado di selezionarli come rilevanti, e può inserirli nella sfera di attenzione della mente, andando ad alimentare il processo conoscitivo di ciascuno. Lo spazio museale viene a configurarsi come luogo interculturale che consente di praticare e confrontare modalità per costruire forme di conoscenza del nuovo ambiente, in un rapporto di interazione tra soggetti e con oggetti, segni dell’ambiente culturalmente connotati: in uno spazio delimitato, per certi aspetti protetto, una sorta di laboratorio da gestire metodologicamente. Così la metodologia della ricerca-azione partecipativa, connotata per la sua forte valenza esplorativa e motivazionale, anche nel museo viene rilevata come in grado di sviluppare un approccio olistico pertinente al riconoscimento della complessità implicita nei segni presenti e, nello specifico dell’esperienza, in grado di attivare e sostenere azioni di educazione interculturale.
Recensione di Simona Serra