Essere Contemporanei. Musei, patrimonio, antropologia

SIMBDEA - Società Italiana per la Museografia e i Beni Demoetnoantropologici | 2011

Il numero doppio 25/26 della rivista “Antropologia Museale” è uno speciale dedicato al Congresso Nazionale della SIMBDEA (Società Italiana per la Museografia e i Beni Demoetnoantropologici) dal titolo “Essere Contemporanei. Musei, patrimonio, antropologia”, che si è svolto a Matera dal 29 settembre al 2 ottobre 2010.
Ampio spazio è dedicato alle sessioni tematiche che hanno animato le giornate materane con lo scopo, illustrato da Ferracuti e Lattanzi a p. VIII, di «rappresentare nel modo più ampio possibile […] i temi di discussione che nell’ultimo decennio hanno accompagnato la ricerca e il dibattito professionale dell’antropologia museale italiana». Temi che, pur nella loro diversità, sono stati accomunati dalla volontà degli organizzatori di offrirsi come terreni di confronto sulle aree di intervento e i nodi critici con cui i/le partecipanti alle sessioni sono chiamati/e a misurarsi nelle loro pratiche professionali.

La sessione “Patrimoni e culture migranti”, nello specifico, è stata ispirata da presupposti e obiettivi che sono illustrati nella rivista e a cui rimandiamo per una più puntuale lettura. Sotto il profilo operativo, essa ha ospitato relatori e relatrici operanti in differenti ambiti disciplinari e contesti istituzionali al fine di favorire: uno scambio di sguardi, tanto giovani quanto esperti, sul tema in discussione; il dialogo interdisciplinare, in particolare tra antropologia, arte e archeologia; una prospettiva del contemporaneo che sappia cogliere le culture in processo. Nel rispetto dei tempi stabiliti e in virtù dei numerosi ed eterogenei interventi in programma, “Patrimoni e culture migranti” è stata articolata in quattro sottoaree tematiche, pensate per agevolare spunti di riflessione, stimoli e domande utili per la discussione finale.

1. Il patrimonio come fattore di sviluppo e rigenerazione del territorio
Le etnografie del territorio riunite in questo primo gruppo hanno principalmente mostrato che il patrimonio può agire come processo e risorsa per lo sviluppo economico del territorio e come strumento di riconoscimento e di integrazione identitaria. I contributi di Angela Verrastro, Emanuela Panajia, Annamaria Fantauzzi e Marina Berardi hanno messo in luce la funzione economica e socio-politica che i patrimoni, materiali e immateriali, possono svolgere in contesti locali di deterritorializzazione o migrazione, quali elementi di strategie di promozione e rigenerazione del territorio, di riappropriazione della memoria storica e di rifunzionalizzazione dei saperi tradizionali.


2. Politiche del territorio, musei, intercultura
Questa sottoarea tematica ha ospitato relazioni su progetti commissionati e/o finanziati da enti locali e realizzati in musei di varia tipologia. Le presentazioni di “Lingua contro Lingua. Una mostra collaborativa”
(Gianluigi Mangiapane), “Intrecci: Antichi Luoghi, Nuovi Cittadini” (Alessandra Montanera e Fabio Pettirino), “Educard – Un patrimonio di culture” e “Museo: Un tappeto tra mondi” (Angela Trevisin) hanno lasciato emergere non soltanto il legame tra politiche del territorio, musei e intercultura, ma anche il rapporto “generativo” che connette le diverse pratiche istituzionali, come dimostrano le schede di progetto a cui rinviamo. La serie di interventi è stata conclusa da Silvia Mascheroni che, a partire dalle esperienze documentate dal sito “Patrimonio e Intercultura” e dal gruppo di ricerca e di operatività Per l’educazione al patrimonio culturale: intercultura e lifelong learning, costituitosi all’interno della Commissione “Educazione e mediazione” ICOM Italia, ha illustrato gli indicatori utili per riflettere su esiti ed elementi di criticità relativi ai percorsi formativi; il partenariato tra istituzioni diverse; la progettazione partecipata; la trasferibilità e la messa in rete delle buone pratiche realizzate.

3. Migrazioni e politiche di patrimonializzazione
I/le partecipanti al terzo gruppo tematico hanno discusso pratiche di patrimonializzazione messe in atto in contesti istituzionali profondamente differenti, sebbene associati per il ruolo di negoziatori di significati culturali che svolgono. I contributi hanno spaziato dalle forme di patrimonializzazione della migrazione albanese in Puglia (Andrea Ravenda) all’allestimento del Museo delle paludi pontine (Alessandro Cocchieri), per concludersi con una ricerca sui percorsi di migrazione di studenti e oggetti nella Parigi della Cité Internationale Universitaire e del Musée du Quai Branly (Noemi Del Vecchio). Le relazioni hanno evidenziato i nodi problematici insiti rispettivamente nei processi di patrimonializzazione della migrazione quale strumento di governance culturale, sociale ed economica; nella definizione della funzione connettiva del museo alla luce delle istanze multiculturali provenienti dalla società; nei processi di relazione, mediazione e (ri)appropriazione dei patrimoni culturali da parte dei/delle migranti nel contesto di accoglienza.

4. New media e patrimoni
L’ultima sottoarea ha ospitato il contributo di Patrizia Schettino, una riflessione metodologica sulla mostra “Ancient Hampi”, realizzata presso l’Immigration Museum di Melbourne nel 2009-2010. Nel mettere in evidenza la relazione tra le diverse comunità di Melbourne e la mostra – innovativa nell’uso delle tecnologie immersive per raccontare un contenuto culturale – è stato mostrato come i new media possano trasformare, nel senso di una maggiore democratizzazione dell’accesso, le modalità di comunicazione e fruizione, favorendo forme inclusive di produzione culturale e di interazione sociale da parte del pubblico e delle comunità interpretanti.

La sintesi dei lavori della sessione “Patrimoni e culture migranti”, a cura di Martina Cultrone, riporta i principali temi trattati, in parte ripresi durante la breve discussione finale avviata da Vito Lattanzi, primo discussant, il quale ha incoraggiato l’applicazione dei principi dell’etnografia educativa a contesti di educazione permanente per lo sviluppo di una pedagogia interculturale che promuova anche processi di empowerment culturale. In tale direzione, sono auspicabili una più diffusa applicabilità della competenza antropologica ad ambiti non antropologici e un più ampio coinvolgimento dell’associazionismo finalizzato ad un maggiore protagonismo culturale dei/delle migranti e, soprattutto, alla costruzione di un più efficace discorso di politica culturale di integrazione e di educazione alle differenze.

Recensione a cura di Anna Maria Pecci