Musei delle Culture del Mondo: Milano e il caso dello Spazio Ansaldo

Sara Chiesa | Corso di Laurea Specialistica in Storia dell’Arte, Facoltà di Lettere | Università Cattolica di Milano
a.a. 2008-2009

Il fascino verso culture straniere, la passione per l’arte e l’amore per quei meravigliosi luoghi che raccolgono il nostro sapere, le nostre tradizioni, le testimonianze materiali e immateriali della nostra civiltà – i musei –, il desiderio che questi siano sempre più istituzioni rappresentative dei punti di vista di tutte le componenti sociali in una società multiculturale, mi hanno portata ad intraprendere questo lavoro di tesi che indaga le dinamiche che hanno portato alla trasformazione dei Musei Etnografici in musei delle Culture del Mondo. L’elaborato affronta l’analisi di alcuni musei in Italia, Europa e Africa Occidentale, e approfondisce lo studio del progetto del nuovo Centro delle Culture Extraeuropee a Milano, Spazio Ansaldo.
Nel primo capitolo ci si sofferma su un’analisi storico-culturale che fornisce indicazioni rispetto alla nascita dei primi musei etnografici in ambito coloniale, momento storico al quale si accenna brevemente senza entrare nel dettaglio delle dinamiche commerciali o sociali.
Attraverso l’evoluzione e il mutamento di significato dell’espressione “arte primitiva”, si cerca di delineare l’evoluzione dell’istituzione dei musei etnografici e di individuare le modalità espositive che possono essere adottate.
All’origine i musei etnografici hanno svolto un importante ruolo di conservazione della memoria delle cosiddette culture “primitive”, che rischiavano di essere trasformate dall’avanzante modello consumista occidentale o di essere soppresse. Questi musei hanno avuto il merito di salvare dal mercato nero molti capolavori dell’arte, ma hanno creato uno scollamento con le tradizioni culturali di ciascun Paese e un distacco fra le persone e gli oggetti che, resi inutilizzabili all’interno di sale frequentate solo da occidentali, sono “morti”.
Con la fine dell’epoca coloniale, i musei che espongono testimonianze provenienti dalle ex colonie hanno dovuto fare i conti con un contesto mutato, che ha influito sulle modalità di rappresentazione delle altre culture e di documentazione delle nuove raccolte.
I visitatori, sempre più esigenti, richiedono ai musei delle culture del mondo di essere essi stessi dei luoghi affascinanti e sorprendenti, degli “scrigni delle meraviglie”. Allo stesso tempo i visitatori sentono l’esigenza di comprendere gli oggetti, le tradizioni e le culture che hanno di fronte ai propri occhi e che non sono così lontane da loro, poiché appartengono all’amico, al compagno di scuola, al collega, al marito o a loro stessi.
Il visitatore di oggi – non più spinto da una semplice curiosità per qualcosa di diverso – ha, fortunatamente, abbandonato lo sguardo paternalista, o nel peggiore dei casi razzista, nei confronti dei paesi del Sud del mondo. Sente l’esigenza di comprendere gli oggetti etnografici, la loro origine, la loro funzione, la loro storia e, allo stesso tempo, di apprezzarne l’aspetto estetico: è una visione molto più completa, a 360 gradi, che il museo deve essere in grado di offrire tenendo conto dei diversi target di pubblico.
La grande forza che i musei delle culture del mondo possiedono risiede nell’intrinseca potenzialità di essere collante fra paesi e culture diverse, fornendo un valido sostegno alla politica sociale nell’ottica di una società sempre più multiculturale.
Nel secondo e terzo capitolo sono analizzati alcuni musei in Italia e in Europa: la scelta è stata dettata dalla volontà di studiare musei differenti fra loro per tipologia, ed è ristretta alle realtà visitate personalmente.
Parte dello scopo di questo elaborato di ricerca è presentare lo stato attuale in questo ambito museale.
I due musei analizzati su territorio italiano sono agli antipodi fra loro: il Museo Pigorini è stato il primo museo etnografico realizzato in Italia. Esso possiede una delle più belle e importanti collezioni etnografiche d’Europa ed è tutt’oggi un museo di etnografia a tutti gli effetti.
Il Castello D’Albertis, Museo delle Culture del Mondo, inaugurato nel 2004, è il rappresentante italiano per quanto concerne questa nuova tipologia di musei: un’istituzione che ha saputo rileggere la sua collezione e trovare una nuova collocazione e una nuova identità nella nostra società.
I musei europei presi in considerazione sono quattro: il Musée du Quai Branly di Parigi, l’ala etnografica del British Museum di Londra, il Museo delle Culture del Mondo di Lugano e il Musée d’ethnographie de Neuchâtel. Diversi per dimensione, storia delle collezioni e, soprattutto, per la loro mission, questi musei consentono al proprio pubblico di approcciarsi con occhi nuovi al patrimonio esposto.
Il quarto capitolo sviluppa una parentesi sui musei dell’Africa Occidentale visitati personalmente: il Musée Historique d’Abomey in Benin e il Centre de Recherche et de Documentation du Senegal a Saint-Louis, nel nord del Paese. L’analisi di queste realtà non ha certamente l’obiettivo di raffrontare musei europei e africani, troppo differenti fra loro per numerosi fattori (le possibilità economiche; la realtà sociale e politica; il contesto in cui sono sorti; i diversi obiettivi che si sono prefissati e il pubblico a cui si rivolgono), quanto di presentare una realtà sconosciuta ai più, ma ricca di potenzialità a livello internazionale in termini di scambio reciproco di informazioni scientifiche e di collaborazione a progetti comuni.
Il quinto e ultimo capito della tesi è il cuore del lavoro. In esso, infatti, ci si sofferma sull’ambito milanese e sul progetto ad opera dell’architetto londinese David Chipperfield dello Spazio Ansaldo, nuovo Museo delle Culture del Mondo che sorgerà nell’ambito del dismesso stabilimento Ansaldo in zona Porta Genova.
Allo studio sulla formazione delle collezioni è affiancato un rapporto sui flussi migratori in Lombardia e, nello specifico, nel capoluogo. Il progetto architettonico e quello museologico sono analizzati alla luce dei musei presi in considerazione nei capitoli precedenti. Lo Spazio Ansaldo è altresì raffrontato a questi ultimi per il ruolo sociale che sarà chiamato ad assumere rispetto alla società multiculturale nella quale è collocato, per il difficile compito che dovrà sostenere nella prospettiva dell’interculturalismo e del dialogo fra culture differenti.