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Nella società globalizzata di oggi, la diversità culturale è diventata una caratteristica essenziale. Per questo è fondamentale interrogarsi sulle pratiche promosse dai musei e da altre istituzioni culturali per favorire il dialogo interculturale e la coesione sociale, che pure a fronte di decenni di sperimentazione continuano ad affrontare alcune forti criticità. Spesso si tratta di progetti episodici e non abbastanza ben strutturati per garantire la continuità, e soprattutto per portare un reale cambiamento nella mentalità e nell’approccio dei musei all’interpretazione delle collezioni e alla relazione con i diversi pubblici.
Per comprendere meglio l’organizzazione di queste esperienze, ho deciso di prendere in esame “AMIR – Accoglienza Musei Inclusione Relazione”, un progetto di inclusione sociale che dal 2018 propone a Firenze e Fiesole attività di mediazione culturale condotte da cittadini e cittadine di origine straniera; l’obiettivo principale di questi percorsi di visita è di interpretare il patrimonio culturale da punti di vista inediti, integrando diversi vissuti e prospettive e coinvolgendo persone che altrimenti sarebbero escluse dai musei e dalle istituzioni culturali del territorio.
La ricerca si è articolata in tre fasi, restituite in altrettanti capitoli.
Nel primo ho presentato la definizione di dialogo interculturale e i principali progetti sviluppati in Europa che rientrano in questa categoria, partendo da una breve introduzione dedicata al concetto di decolonizzazione del patrimonio. Per questi temi ho attinto principalmente ai testi di Simona Bodo, ricercatrice su temi legati al ruolo sociale dei musei; inoltre, per dare un quadro più chiaro della situazione europea, ho deciso di presentare anche le leggi e misure adottate nel corso degli anni in materia di educazione interculturale e patrimonio culturale.
Nel secondo capitolo ho sviluppato una valutazione d’impatto del progetto AMIR, presentandolo in tutti i suoi aspetti: a partire dalla sua nascita nel 2018, ho analizzato il metodo utilizzato dagli operatori e passato in rassegna i partner coinvolti e i destinatari, giungendo alla presentazione degli obiettivi prefissati e alle differenze rispetto ad altri progetti interculturali presenti sul territorio fiorentino.
Nel terzo capitolo ho raccolto le interviste realizzate in collaborazione con i vari attori del progetto – i mediatori, il pubblico e gli operatori dei musei – per ottenere una panoramica quanto più completa possibile dell’andamento delle visite dai diversi punti di vista.
Nell’ultimo capitolo, infine, ho raccolto le mie osservazioni, le criticità e i punti di forza di questo progetto e ciò che lo distingue dagli altri.
Per la mia ricerca ho attinto informazioni da risorse online – in particolare Patrimonio e Intercultura, un sito attivato da Fondazione ISMU Iniziative e Studi sulla Multietnicità, che documenta i progetti di educazione al patrimonio in chiave interculturale realizzati in Italia negli ultimi vent’anni – e consultato fonti primarie come libri, tesi e articoli specifici. Inoltre, ho fatto riferimento a una serie di monografie sull’accessibilità e sulla mediazione nei musei, che hanno contribuito a creare una cornice di riferimento per integrare e comprendere meglio l’esperienza di AMIR.
Dall’analisi di questo progetto e di altri simili è emersa una difficoltà a superare l’atteggiamento paternalistico e/o “caritatevole” che molti musei mantengono nei confronti di persone con background culturali differenti, attraverso un complesso lavoro di decostruzione personale e istituzionale. AMIR ha in parte superato questa difficoltà, mettendo al primo posto i mediatori anziché le collezioni, e creando un rapporto di fiducia tra tutti i membri attivi nel progetto (mediatori e staff museale).
AMIR, dunque, rappresenta un nuovo modo di vedere i musei fiorentini come luogo di incontro e di scambio, nonostante anche questa esperienza abbia incontrato diverse criticità con il passare degli anni. Per esempio, il fatto che i progetti interculturali abbiano finanziamenti limitati significa che solo un piccolo numero di operatori museali può dedicarvisi, per cui entrare in stretto contatto con i mediatori e mantenere un gruppo coeso a lungo andare diventa sempre più difficile.
Le istituzioni museali, come è evidente, devono ancora affrontare molti cambiamenti per giungere a una reale inclusione sociale; tuttavia, AMIR rappresenta un ottimo punto di partenza.