Nonostante la diversità culturale sia sempre stata un tratto caratteristico delle società umane, essa rappresenta ora più che mai un tema centrale per l’opinione pubblica, il dibattito politico e la ricerca.
Al tempo stesso, il ruolo socialmente attivo dei musei è venuto intrecciandosi con i temi della diversità culturale e del dialogo interculturale, mentre il mondo del design ha mostrato un crescente interesse – tanto nella ricerca quanto nella pratica – nell’affrontare questioni sociali.
Alla luce di queste considerazioni, il mio studio ha preso le mosse da un interesse generico rispetto al ruolo che musei e design possono svolgere nell’affrontare questioni legate alla diversità culturale locale, quali ad esempio le relazioni e le tensioni interculturali, i processi di integrazione e così via.
Con la prima fase della ricerca – che ha previsto una rassegna della letteratura in materia, contatti con esperti, e l’esplorazione di casi studio e ricerca-azione – sono passata da questo interesse generico a un framework concettuale più definito e al relativo obiettivo di rinforzare l’impatto territoriale dei musei locali fornendo loro indicazioni su come attivare dal basso un approccio interculturale, anche in assenza di politiche locali che sposino tale strategia.
Coerentemente con questo obiettivo, ho individuato nel modello di Intercultural City un approccio per la gestione della diversità a livello urbano che può essere ricontestualizzato all’interno dei musei, qui considerati come “strumenti” potenzialmente in grado di influenzare le dinamiche locali.
Il concetto di Intercultural City concepisce la diversità come fonte di dinamismo, innovazione, creatività e crescita, e sottolinea l’importanza delle interazioni interpersonali e interculturali, oltre a essere sotteso da una logica “post-multiculturalista”. In Europa, lo sviluppo di questo modello è andato di pari passo con l’Intercultural Cities Programme, un progetto congiunto di Consiglio d’Europa e Commissione Europea.
In linea con quegli approcci di design che riconoscono la creatività di persone e organizzazioni, e le supportano nel trovare soluzioni specifiche, l’esito del mio studio è un metadesign framework finalizzato a guidare i musei locali nella progettazione dei propri interventi.
I suggerimenti del framework si basano sui dieci elementi di una strategia interculturale definiti dal Consiglio d’Europa nell’ambito dell’Intercultural Cities Programme. Poiché tali indicazioni sono principalmente rivolte ad amministrazioni e policy maker locali, nell’elaborare il metadesign framework le ho selezionate e reinterpretate in modo da calarle in un contesto museale.
Questo lavoro di “traduzione” è stato influenzato da pratiche e progetti museali osservati durante la prima fase della ricerca, tutti originariamente concepiti e progettati senza fare esplicito riferimento agli obiettivi dell’Intercultural City. Alcune di queste esperienze sono riportate nella tesi, e fungono anche da esempio di come i musei possano concretamente mettere in pratica i suggerimenti del framework, sempre compatibilmente con le peculiarità dei rispettivi contesti.
La tipologia di suggerimenti inclusi nel framework si ispira inoltre alle pratiche di transformation design da me osservate e sviluppate durante il processo di ricerca, come ad esempio il caso di “Small Works”, un progetto di design per innovazione sociale e community development nel quartiere di Hackney (Londra).
Infine, grazie al mio coinvolgimento attivo nella progettazione della mostra “Parole per accogliere. Parole da cogliere” al MUST-Museo del Territorio Vimercatese, ho elaborato una serie di riflessioni su come l’Intercultural City metadesign framework sia stato usato (e possa continuare a essere usato) nel contesto specifico del MUST e del suo territorio.