Verso un museo inclusivo: presupposti e prospettive in risposta al cambiamento sociale

Elisa Carrara | Dipartimento di Scienze della formazione, dei beni culturali e del turismo | Università degli Studi di Macerata
a.a. 2012-2013

Partendo dal presupposto dell’esistenza di un forte legame fra patrimonio, eredità storica di una comunità o di un popolo ed identità, il mio lavoro ha cercato di mettere in luce le complesse relazioni che si possono instaurare fra il patrimonio – e il museo che lo valorizza – e le culture “diverse” o le minoranze rappresentate in modo riduttivo o distorto (o escluse dalla rappresentazione) all’interno delle nostre istituzioni culturali.
Durante il XIX e parte del XX secolo, lo sviluppo degli stati nazione e del colonialismo europeo hanno beneficiato di meccanismi di esaltazione della differenza – e di “articolazione gerarchica delle differenze” (Bennett 2006) – riconducibili allo scopo di rafforzare le identità collettive e il senso di appartenenza dei popoli occidentali, con ricadute evidenti sulle scelte di acquisizione, esposizione e allestimento dei musei.
Tuttavia, negli ultimi decenni, la messa in discussione del primato di un’etnia sulle altre e di verità a lungo pretese come “assolute” ha portato a una nuova riflessione rispetto al ruolo “civilizzatore” del museo e alla possibilità di rappresentare la realtà “così com’è”. Più di recente, l’evoluzione verso una definizione di identità sempre meno rigida e definita (riflesso dei processi di globalizzazione e della relativa interdipendenza economica e culturale) ha portato al ripensamento delle funzioni del museo in una direzione più inclusiva, così come all’inversione di strategie interpretative che tendevano alla cristallizzazione e storicizzazione delle civiltà a favore di una visione più “fluida”.
Il mio elaborato ha voluto di conseguenza approfondire i cambiamenti che stanno portando a una nuova enfasi sul ruolo del museo come istituzione “al servizio della società e del suo sviluppo” (definizione ICOM – International Council of Museums), capace di rappresentare la società nelle sue differenze e di arrivare ad agire come motore di cambiamento sociale.
In quest’ottica, uno dei cardini del ripensamento e rinnovamento degli istituti museali riguarda l’ampliamento e la diversificazione del pubblico, resa tanto più necessaria dalla fonte in gran parte pubblica (quasi esclusivamente, se si pensa all’Italia o alla Francia) dei finanziamenti che sostengono i musei. Un altro aspetto significativo riguarda il ruolo accordato al visitatore, che è passato da una posizione marginale a una più centrale nella vita del museo e nei processi di creazione di significato.
Un’istituzione “inclusiva” dovrebbe inoltre avviare un profondo ripensamento dei valori che permeano l’interpretazione, l’ordinamento, l’allestimento e l’esposizione delle collezioni, al fine di colmare almeno in parte quel divario tra “produttori e consumatori di conoscenza” (Hooper Greenhill 2005) che ha a lungo ostacolato la soggettività del rapporto con gli oggetti e la creazione di nuovi saperi e consapevolezze a partire da questi ultimi. L’analisi di questi processi, che dovrebbe essere il necessario punto di partenza di ogni allestimento espositivo, evidenzia l’inadeguatezza di un approccio puramente descrittivo e “neutro”, che è spesso incorso in schematizzazioni eccessive, in gerarchizzazioni e in distorsioni varie, e ha implicato l’esclusione di determinati gruppi, argomenti e problematiche dalla narrazioni visive dei musei.
In realtà, la rappresentazione del “diverso” e la trattazione di tematiche controverse dovrebbero rientrare fra gli obiettivi di un museo inclusivo, ad esempio attraverso la messa in rilievo del fattore transculturale per enfatizzare gli aspetti relativi, articolati e ibridi delle culture e delle loro espressioni e produzioni, o la rappresentazione riflessiva, che problematizza le scelte, le politiche e le modalità della rappresentazione e la loro relazione con la percezione dell’alterità. L’obiettivo finale dovrebbe essere l’instaurazione di un rapporto dialogico e critico con i visitatori e altri interlocutori sociali, parallelamente alla diffusione di “pratiche maggiormente improntate alla collaborazione, all’empowerment e alla partecipazione” (Sandell 2006).
Alla luce di queste riflessioni, il mio lavoro ha voluto evidenziare come il museo – grazie anche a forme di partenariato con pubbliche amministrazioni e agenzie erogatrici di servizi sociali a livello locale o regionale – potrebbe operare come mediatore sociale attivo rispetto a fenomeni attuali che presentano aspetti problematici quali l’immigrazione e altre situazioni di esclusione sociale, arrivando a dichiarare e manifestare il “proprio” punto di vista e proponendosi proattivamente come agente di cambiamento, di inclusione e di educazione interculturale.
La mia ricerca ha infine analizzato come i cambiamenti sopra tratteggiati implichino la necessità di rivedere gli strumenti e gli obiettivi di valutazione e di definire indicatori adeguati in relazione a nuovi paradigmi ed orientamenti, per verificare l’impatto dell’azione dei musei a livello individuale, di comunità e per la società nel suo complesso (Sandell 2003) anche nell’ottica di una fondata e trasparente rendicontazione. D’altra parte, è emerso come proprio in quest’ambito si riscontrino ancora le maggiori difficoltà, dato il carattere soggettivo dei dati e dei risultati attesi in queste analisi, la mancanza o l’impossibilità di definizione di schemi standardizzati e le complessità insite nella misurazione di dimensioni come il rafforzamento dell’autostima o del senso di appartenenza ad una comunità.

Riferimenti bibliografici
Bennett T. (2006), “Cultura e differenza: teorie e pratiche politiche”, in Bodo S., Cifarelli M. R. (a cura di), Quando la cultura fa la differenza. Patrimonio, arti e media nella società multiculturale, Meltemi editore, Roma, pp. 21-37.
Hooper-Greenhill E. (2005), I musei e la formazione del sapere, Il Saggiatore, Milano (prima edizione 1992).
Sandell R. (2003), “I musei e la lotta alla disuguaglianza sociale: ruoli, responsabilità, resistenze”, in Bodo S. (a cura di), Il museo relazionale, riflessioni ed esperienze europee (nuova edizione), Edizioni della Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, pp. 189-216.
Sandell R. (2006), “Misurarsi con la diversità e l’uguaglianza”, in Bodo S., Cifarelli M. R. (a cura di), op. cit., pp. 136-148.