“Questa analisi dell’opera di Alberto Burri prende spunto da un dettaglio della biografia dell’autore. Burri, infatti, è stato detenuto in Tunisia dove iniziò a dipingere. L’idea, quindi, è stata quella di raccontare la storia dei detenuti italiani all’estero che non vengono ‘salvati’ dalle autorità del proprio Paese.
Ho inserito anche parti delle mie origini, raccontando la storia di un ragazzo italiano detenuto a Quito, in Ecuador, il mio paese di provenienza”.
“My Place / My Face” è un percorso realizzato dai Servizi Educativi della GAMeC nell’ambito di “Oltrevisioni. Nuove cittadinanze culturali”, un articolato programma triennale di attività promosso dagli Assessorati alla Cultura e alle Politiche Giovanili di Bergamo e cofinanziato da Fondazione Cariplo (su bando “Protagonismo culturale dei cittadini”).
Diciannove ragazzi migranti di cosiddetta “seconda generazione” hanno realizzato brevi video che “distillano” in immagini l’esperienza vissuta a contatto con le opere della Collezione Permanente della GAMeC, sotto la guida esperta dell’educatrice Rita Ceresoli e degli artisti e film-maker Gianluca e Massimiliano De Serio.
Al cuore del percorso vissuto con i ragazzi, l’impegno da parte del museo a favorire inedite modalità di dialogo tra i giovani e le collezioni (i video sono stati pensati soprattutto per un “pubblico” di coetanei), abbattere le barriere della fruizione passiva e incoraggiare riletture capaci anche di staccarsi dall’immagine dell’opera per attingere a scenari personali, spesso innescati da riflessioni su concetti chiave come identità, viaggio, spazio, luogo, emozioni, conflitto.