“Transcultural Attentiveness”. Per una comunità di formazione intergenerazionale sul patrimonio culturale”

Goethe-Institut Rom | Routes Agency. Cura of contemporary arts | Roma

2022
Capuano_Casadei Maldini

Binta Diaw

Dèlio Jasse

Leone Contini

Capuano_Casadei Maldini

Emeka Ogboh

Il contesto
In Italia e Germania, i due paesi degli enti coinvolti nel progetto “Transcultural Attentiveness”, il colonialismo è diventato una questione di rilevanza nazionale ben più tardi che in molti altri paesi europei, causando profonde ingiustizie le cui conseguenze, ad oggi, non sono ancora state risolte. Sebbene persone e istituzioni si stiano occupando intensamente del tema della decolonizzazione, in entrambi i paesi non c’è ancora un sufficiente impegno di sensibilizzazione delle giovani generazioni da parte delle scuole, cruciale per affrontare il controverso passato coloniale e le relative responsabilità; talvolta sono i giovani stessi a sollevare questioni impellenti a cui non ricevono risposta.
Il progetto si propone dunque di contribuire alla creazione di una comunità internazionale e intergenerazionale di formazione sul patrimonio coloniale – una comunità che si interroghi sul passato e decolonizzi le nostre società future, coltivando costantemente la propria consapevolezza transculturale e agendo in modo responsabile.

Gli attori coinvolti – la rete di progetto

  • Ente promotore del progetto: Goethe-Institut Roma
  • Curatela del progetto: Routes Agency. Cura of contemporary arts
  • Istituzioni partner: MuCiv – Museo delle Civiltà di Roma, AMM – Archivio Memorie Migranti, “Resurface” Festival.

 

Gli operatori – l’équipe di progetto

  • Coordinatori del progetto: Joachim Bernauer (direttore del Goethe-Institut Italia) e Antonella Perin (Direttrice Programmi Culturali Goethe-Institut Roma)
  • Curatrici del progetto: Viviana Gravano (professoressa di Storia dell’arte contemporanea presso l’Accademia di belle arti di Brera) e Giulia Grechi (professoressa di Antropologia culturale presso l’Accademia di belle arti di Brera), co-fondatrici di Routes Agency. Cura of contemporary arts
  • Consulenza per le attività didattiche del progetto: Anna Chiara Cimoli, ricercatrice presso l’Università di Bergamo
  • Conservatrici museali MuCiv: Rosa Anna Di Lella e Gaia Delpino
  • Realizzazione laboratori didattici: AMM – Archivio Memorie Migranti
  • Ricercatori/ricercatrici, studiose e studiosi coinvolte nella progettazione: Adama Sanneh, Awam Amkpa, Clementine Deliss, Mackda Ghebremariam Tesfaù, Maria Thereza Alves
  • Artiste e artisti: Binta Diaw, Delio Jasse, Luca Capuano e Camilla Casadei Maldini, Leone Contini
  • Contributors podcast: Adama Sanneh, Mackda Ghebremariam Tesfaù, Clementine Deliss, Maria Thereza Alves, Cristina Ali Farah, Luca Peretti, collettivo Tezeta, Beatrice Falcucci, Wissal Houbabi, Jana Haeckel.

 

I destinatari

  • pubblico adulto
  • scuole secondarie di secondo grado
  • operatori culturali/museali

 

Le finalità e gli obiettivi
“Transcultural Attentiveness” si interroga sulle eredità del colonialismo concentrandosi su tre questioni fondamentali:

  • la possibilità di fare del museo etnografico un laboratorio di decolonizzazione
  • la necessità di trattare il colonialismo e le sue conseguenze nei programmi scolastici e nei libri di testo
  • l’urgenza di mettere in discussione il sapere eurocentrico, pluralizzando il concetto di “modernità”.

Da qui le principali finalità del progetto, collegate ognuna alle diverse fasi del processo e ai differenti stakeholder:

  • stimolare una riflessione sui possibili approcci alle difficili eredità coloniali, dentro e fuori il museo; sulla possibilità di accesso a narrazioni alternative; sul ruolo che un museo può avere nell’affrontare tali questioni dal punto di vista educativo
  • tradurre plasticamente il concetto di fare storia come atto selettivo, orientato, soggettivo, e l’archivio come contenitore di infinite storie possibili
  • conoscere e narrare una storia dell’umanità che non si esaurisce nella prospettiva eurocentrica e in una modernità centrata esclusivamente sull’esperienza coloniale
  • mettere in discussione non solo il sapere eurocentrico, ma i concetti stessi di “patrimonio” e di “museo”, attraverso il confronto con concezioni culturali del rapporto fra comunità, oggetti e memorie radicalmente diverse.

Quanto agli obiettivi, soprattutto relativi ai workshop dedicati agli studenti di scuola secondaria superiore (cfr. le voci “Le fasi di lavoro” e “Le strategie e gli strumenti”):

  • fornire strumenti per la gestione delle “conversazioni difficili” a cui tutti/e siamo chiamati/e a partecipare
  • portare i ragazzi a confrontarsi costruttivamente grazie a una facilitazione serrata, che dia la parola a tutti garantendo la correttezza del confronto, secondo le regole del debating
  • riflettere sulle nostre identità molteplici, nel rispetto e nell’ascolto delle diversità
  • acquisire nuove prospettive transculturali, in uno scambio reciproco che sia generativo di nuovi attitudini e comportamenti
  • assemblare in modo diverso i materiali storici e i valori che attribuiamo loro; articolare i significati che ne emergono alla luce del presente; riflettere con apertura sui nostri limiti, resistenze, rigidità.

 

Da quando, per quanto
“Transcultural Attentiveness” ha avuto inizio nel 2020; la fase progettuale si è prolungata a causa dell’epidemia Covid, e le prime azioni hanno avuto luogo nel 2021. Il progetto è formalmente terminato nel dicembre 2021, ma la mostra “L’inarchiviabile” sarà visitabile fino alla metà di maggio 2022, mentre il podcast “Riguardo (al)le parole” è disponibile su tutte le principali piattaforme on line e sul sito internet del Goethe-Institut di Roma. Quest’ultimo sta pianificando una possibile estensione di “Transcultural Attentivenesse” per il 2023 e 2024, al fine di porre le basi per un programma educativo sul patrimonio coloniale che coinvolga tutte le generazioni come partner in un dialogo transculturale.

Come si articola – le fasi di lavoro
“Transcultural Attentiveness” si propone come un’occasione di scambio di conoscenze e di pratiche sulle tematiche sopra descritte. La struttura stessa del progetto fa parte di un processo condiviso, che intende mettere in atto meccanismi di decolonizzazione dei saperi.

Queste le principali fasi di lavoro:

(a) Kick off meeting (26 marzo 2021)
Il primo step è consistito in un incontro iniziale, svoltosi online per un numero ristretto di persone. Più che a enunciare diverse posizioni, questo primo appuntamento è servito a porre sul tappeto le questioni che sono poi state sviluppate in diversi modi durante tutto l’anno del progetto. Il tavolo ha quindi avuto la funzione di un dialogo “intimo”, privato, in cui ciascun/a partecipante ha posto questioni legate alle proprie visioni e alle proprie pratiche esperite sui temi del progetto, che sono state la vera materia di ricerca e discussione nei mesi successivi, in alcuni casi riorientando metodologie e progettualità. I partecipanti al kick off sono stati: Adama Sanneh, Awam Amkpa, Clementine Deliss, Mackda Ghebremariam Tesfaù, Maria Thereza Alves.

(b) Residenze artistiche e mostra “L’inarchiviabile” (26 ottobre 2021 – 18 maggio 2022)
Nell’ottica di sperimentare processi di decolonizzazione e ri-mediazione degli immaginari e del patrimonio coloniali, abbiamo invitato due artisti a realizzare dei lavori ad hoc a partire dalle collezioni coloniali del MuCiv e di altre istituzioni romane. Gli artisti in residenza sono stati Delio Jasse e Luca Capuano con Camilla Casadei Maldini. Le loro opere sono state esposte all’interno della mostra “L’inarchiviabile”, insieme a lavori artistici sulle stesse tematiche realizzati dagli artisti Leone Contini, Binta Diaw Contini e Emeka Ogboh. Sono state realizzate visite guidate alla mostra nell’ambito dei workshop didattici (a cura di AMM-Archivio Memorie Migranti) e per gruppi specifici di persone (con le curatrici della mostra).
A questo link è possibile scaricare il testo di sala della mostra, con l’impostazione concettuale e curatoriale, e le schede critiche sul lavoro di ciascun artista esposto: https://www.goethe.de/ins/it/it/kul/gsz/tka/ina.html.

(c) Podcast “Riguardo (al)le parole”
Il podcast nasce dalla necessità di uscire dalla formula chiusa del convegno, visto e vissuto da poche persone, e di creare uno spazio virtuale aperto e sempre accessibile, con contributi che toccano numerosi campi del dialogo transculturale. Il titolo gioca con l’idea dell’avere riguardo e cura verso le parole, ma rimanda anche alla necessità di riconoscere quanto certe parole e certe tematiche ci riguardino spesso più direttamente di quanto immaginiamo, portando un nuovo sguardo su di esse. Ogni episodio della serie, pensata come conferenza permanente, accessibile in qualsiasi momento e secondo un ritmo di ascolto individuale, si focalizza su una parola chiave, scelta dal contributor a partire dai temi del progetto.
Contributors: Adama Sanneh, Mackda Ghebremariam Tesfaù, Clementine Deliss, Maria Thereza Alves, Cristina Ali Farah, Luca Peretti, collettivo Tezeta, Beatrice Falcucci, Wissal Houbabi, Jana Haeckel.
A questo link è possibile ascoltare il podcast (presente anche nelle più importanti piattaforme social): https://www.goethe.de/ins/it/it/kul/gsz/tka/pod.html.

(d) Attività educative
Tutte le azioni del progetto sono intese in un’ottica fortemente educativa, con l’obiettivo di sollecitare una riflessione e una presa di coscienza più ampia possibile sulla questione delle eredità coloniali nel contemporaneo.
Sotto questo profilo, i workshop per gli studenti delle scuole secondarie superiori,  progettati da Anna Chiara Cimoli e realizzati in collaborazione con AMM-Archivio Memorie Migranti e l’ufficio attività educative del Goethe Institute, hanno svolto un ruolo cruciale:

  • “La storia non scritta”: un workshop in presenza della durata complessiva di 3 ore, che lavora sulle omissioni dei libri di storia e su possibili modi per integrare e colmare quei vuoti anche grazie all’incontro con le opere esposte in mostra (un momento da noi ritenuto cruciale anche per la latitanza dell’arte contemporanea nei curricula scolastici)
  • “Mettiamoci scomodi”: un workshop a distanza della durata di 2 ore, dedicato al confronto dialettico a partire da alcuni nodi “caldi” del dibattito contemporaneo; questo workshop ha lavorato sulla capacità di dialogo critico e rispettoso intorno a temi scomodi o critici della contemporaneità, con l’obiettivo di fornire strumenti per la gestione delle “conversazioni difficili” a cui tutti/e siamo chiamati/e a partecipare.

A valle del laboratorio, le classi hanno ricevuto un kit didattico contenente estratti da romanzi, testi critici sulle politiche de- e post-coloniali, articoli sulla rappresentazione visiva, un portfolio di immagini storiche e una bibliografia ragionata, estesa anche a film, podcast e musica.
Disimparare, o forse re-imparare partendo da premesse nuove: ovvero, nel concreto, assemblare in modo diverso i materiali storici e i valori che attribuiamo loro; articolare i significati che ne emergono alla luce del presente; riflettere con apertura sui nostri limiti, resistenze, rigidità. Si tratta di un percorso che intreccia le singole discipline fra di loro e con l’educazione civica; il passato con il presente (e il futuro). L’ottica è stata quella di mettere a disposizione delle persone in formazione e dei/delle loro insegnanti uno strumento utile, che possa evolvere nel tempo e accompagnare la riflessione sulle nostre identità molteplici, nel rispetto e nell’ascolto delle diversità.
I workshop e il kit didattico sono stati elaborati con la consulenza scientifica di Anna Chiara Cimoli. Tutte le offerte formative sono gratuite, e sono state facilitate dagli educatori dell’associazione Archivio delle Memorie Migranti.
Maggiori dettagli a questo link: https://www.goethe.de/ins/it/it/kul/gsz/tka/bkd.html.

(d) Attività collaterali
Durante tutto il periodo di esposizione della mostra sono state organizzate attività collaterali, come visite guidate, presentazioni, talk con gli artisti. Alcune delle attività, a cura di Viviana Gravano, Giulia Grechi e Salvo Lombardo, sono state realizzate in collaborazione con “Resurface Festival”, che ha avuto luogo presso il Goethe-Institut dal 3 al 5 dicembre 2021. Sono stati realizzati in particolare dei workshop con Marie Moïse e Wissal Houbabi, una conferenza performativa con Nora Amin, la proiezione del film “Il mio filippino” di Liryc Dela Cruz (in presenza dell’artista, presentato da Marie Moïse) e un “Trekking urbafricano” nel cosiddetto Quartiere Africano di Roma, a cura del Collettivo Tezeta.
Tutte le attività sono state svolte in collaborazione con l’associazione Micce e con Questaèroma, nell’ottica di intercettare un pubblico con background culturali complessi.
Maggiori dettagli a questo link: https://www.resurfacefestival.com/

Gli ambiti – le aree disciplinari
Storia dell’arte contemporanea, antropologia, studi postcoloniali e decoloniali, museologia, storia del cinema, storia, didattica interculturale, studi culturali.

Le strategie e gli strumenti
Strategie e strumenti sono stati individuati con una specifica attenzione alle tre questioni fondamentali del progetto.

1) Il patrimonio culturale e museale è uno dei canali principali attraverso i quali, in Europa, viene storicamente costruita l’identità di una comunità, con una vocazione fortemente educativa. Una delle domande fondamentali da cui siamo partiti, riflettendo su questo progetto anche con il MuCiv, è proprio relativa al senso di “appartenenza”, “rappresentatività” e “accessibilità” del patrimonio culturale/museale nella società contemporanea, caratterizzata in senso fortemente transculturale e tuttavia ancora intrisa di una fortissima colonialità. Il museo, in particolar modo quello etnografico, è uno tra i dispositivi all’origine di questo paradigma, ma proprio per questo motivo può diventare un luogo cruciale, un laboratorio per l’elaborazione e la sperimentazione di pratiche di decolonizzazione, a partire da una analisi riflessiva e critica sulle sue radici coloniali e sulle forme di colonialità che tuttora esprime.
Il MuCiv di Roma, partner del progetto, è stato individuato come caso studio per il contesto storico in cui è nato, per il contesto urbanistico e architettonico nel quale è collocato, per le collezioni etnografiche relative in particolare all’Africa e per il progetto di riallestimento della collezione appartenuta all’ex Museo Coloniale di Roma. A partire da questo caso specifico, ci interessava stimolare una riflessione sui possibili approcci alle difficili eredità coloniali, dentro e fuori il museo; sulla possibilità di accesso a narrazioni alternative; sul ruolo che un museo può avere nell’affrontare tali questioni dal punto di vista educativo.
La riflessione su questi temi è stata condivisa con le curatrici della collezione coloniale in ogni fase del progetto, nell’ottica di sostenere il museo con un’analisi critica ampia e di respiro internazionale; è stata condotta attraverso un kick off con studiosi, artisti, ricercatori e ricercatrici, e attraverso due residenze artistiche, che hanno portato alla creazione di due installazioni a partire dagli oggetti della collezione, esposte all’interno della mostra “L’inarchiviabile”. In entrambi i casi abbiamo scelto di lavorare con persone euro-discendenti e afro-discendenti che da anni fanno ricerca su questi temi, nell’ottica di restituire la complessità della riflessione sulle eredità coloniali, a partire da diversi punti di vista.

2) In Italia in particolare siamo ancora molto lontani da un riconoscimento dell’assetto transculturale della nostra contemporaneità, pure così evidente (con i suoi conflitti e le profonde disuguaglianze che lo caratterizzano) nel tsuto sociale. Proprio per questa ragione, ci è sembrato urgente immaginare percorsi educativi che possano coinvolgere diversi target di riferimento (studenti, insegnanti, diverse fasce di età e appartenenze culturali), esprimersi attraverso diversi linguaggi (dalle arti contemporanee a percorsi di formazione più classici) e in diverse forme (workshop, mostre, dibattiti pubblici). In questo contesto, tutte le fasce di età dovrebbero essere intese come una comunità formativa che tiene in considerazione le tre questioni fondamentali affrontate dal progetto e nel cui ambito i giovani contribuiscono con le loro conoscenze, preoccupazioni e capacità creative. In particolare, sono stati progettati (da Anna Chiara Cimoli) e realizzati (in collaborazione con AMM-Archivio Memorie Migranti) dei workshop per gruppi di studenti di scuole superiori, dedicati alle omissioni dei libri di storia sulla storia coloniale e le sue conseguenze, e su possibili modi per rappresentare quelle lacune. Se vediamo il vuoto possiamo colmarlo, ma se non lo vediamo, ci pare tutto pieno, completo. I workshop, caratterizzati da un approccio creativo e interattivo, hanno l’obiettivo di tradurre plasticamente il concetto di fare storia come atto selettivo, orientato, soggettivo, e l’archivio come contenitore di infinite storie possibili. È stato inoltre realizzato “Riguardo (al)le Parole”, un podcast (in italiano e in inglese) sui temi del progetto, coinvolgendo studiosi, artisti, ricercatrici e ricercatori con diversi approcci e posizionamenti, nell’ottica di costruire una piattaforma di riflessione permanente che uscisse fuori dall’ambito strettamente accademico, e fosse in grado di raggiungere un pubblico il più possibile ampio e disseminato.

3) Il progetto parte dal riconoscimento dell’urgenza di una messa in discussione del sapere eurocentrico fatto passare per universale, su cui si sono fondati gran parte dei dispositivi attraverso i quali abbiamo costruito e raccontato l’identità nostra e quella degli altri, saturando lo spazio, i metodi e i modelli della produzione di conoscenza. In tal modo, il sapere eurocentrico ha di fatto impedito a chi era considerato “esterno” di comprendere, interpretare e narrare la realtà e la propria storia secondo la propria epistemologia, imponendo modelli di riferimento pseudo-universali. Affrancarci da questo assetto è necessario e urgente, per poter conoscere e narrare una storia dell’umanità che non si esaurisce nella prospettiva eurocentrica e in una modernità centrata esclusivamente sull’esperienza coloniale. Solo così potremo immaginare una prospettiva di futuro davvero transculturale. Questo processo può far emergere la consapevolezza e la necessaria messa in discussione della colonialità insita nella nostra cultura d’appartenenza, nei diversi modi in cui si esprime. Per fare un esempio relativo al discorso museale, avviare un processo di restituzione del nostro patrimonio di origine coloniale ai paesi che ne sono stati spogliati, può portare a un’azione molto più ampia e radicale. Può portare cioè a mettere fortemente in discussione la concezione stessa di “patrimonio” e di “museo”, per come si sono storicamente definiti nelle culture europee, attraverso il confronto con concezioni culturali del rapporto fra comunità, oggetti e memorie radicalmente diverse (non basate su scrittura-accumulazione-conservazione ecc).

“Transcultural Attentiveness” è stato realizzato in collaborazione con il MuCiv – Museo delle Civiltà di Roma, che ha ospitato due dei/delle artisti invitati per una residenza che ha generato un lavoro in site specific.
Il progetto ha messo in atto diverse strategie di avvicinamento di un pubblico sia adulto che adolescente. In concomitanza con il Festival “Resurface”, che il progetto ha ospitato, sono stati realizzati laboratori aperti a un pubblico generico, con l’uso di azioni performative o di didattica partecipata.
Durante l’intera durata della mostra sono state realizzate visite guidate ad hoc, con operatori/operatrici del settore, con gruppi formali e informali di persone non euro-discendenti, con scuole di ogni ordine e grado sia di lingua italiana che tedesca (coerentemente con la sede ospitante, il Goethe Institut). La mostra è stata accompagnata da una guida esplicativa di ogni opera, realizzata con un linguaggio accessibile, e distribuita gratuitamente a visitatori e visitatrici.

La documentazione
Attitudes Spazio alle Arti e Routes Agency hanno un archivio digitale delle opere in mostra. Durante gli eventi collaterali sono state fatte riprese video e audio. A fine mostra (maggio 2022) tutti i materiali saranno disponibili sul sito di Attitudes e di Routes Agency.
Nel podcast “Riguardo (al)le parole”, diverse voci di ricercatori e ricercatrici, artist* e attivist* hanno discusso le parole chiave che hanno informato l’intero progetto e la mostra.
Il sito internet del Goethe Institut e le pagine social della mostra e degli eventi collaterali conservano traccia dell’intero percorso realizzato: https://www.goethe.de/ins/it/it/kul/gsz/tka.html

 
La verifica e la valutazione
Il Goethe-Institut ha effettuato una valutazione interna del progetto (obbligatoria per progetti con finanziamenti speciali). Per la valutazione sono stati raccolti dati quantitativi, quali i visitatori della mostra, mentre altri indicatori riguardano la sostenibilità sociale e ambientale del progetto. Per i workshop con le scuole sono stati raccolti dei questionari di valutazione, compilati dagli studenti alla fine di ogni incontro.

La presentazione e la pubblicizzazione  
La mostra “L’inarchiviabile” ha avuto un primo momento di inaugurazione pubblica nell’ottobre 2021, e una seconda occasione di presentazione nel dicembre 2021, quando ha ospitato il Festival “Resurface” con laboratori, workshop, performance, dibattiti pubblici e il lancio del Podcast “Riguardo (al)le parole”.
Nel mese di aprile 2022 è previsto un incontro tra gli artisti e le curatrici, in collaborazione con il MuCiv – Museo delle Civiltà di Roma, nell’ambito dell’iniziativa “Depositi aperti”.
La mostra si chiuderà con una conferenza internazionale organizzata dalla Max Weber Stiftung, “The return of looted artefacts since 1945: post-fascist and post-colonial restitution in comparative perspective”, che si terrà al Goethe-Institut Roma dal 16 al 18 maggio 2022.

Le risorse finanziarie
Per la mostra e le altre attività del progetto il finanziamento è stato interamente erogato dal Goethe-Institut.
Gli eventi del Festival “Resurface”, che si sono svolti nell’ambito della mostra, sono stati finanziati MIC – Ministero della cultura, Direzione Generale Spettacolo – Prima Istanza Promozione e formazione del pubblico (danza), con fondi erogati ad Attitudes Spazio alle Arti e alla Compagnia di Danza Chiasma.

 
I punti di forza
Il progetto ha avuto tre punti di forza importanti:

  • mostrare a un ampio pubblico come l’arte contemporanea può contribuire a una più generale decolonizzazione della cultura, quindi degli immaginari, con ricadute importanti anche a livello popolare e diffuso
  • generare un dibattito e uno scambio fin dalla fase di progettazione attraverso un kick off meeting con ricercatrici/ricercatori e artisti che hanno co-progettato la base teorica della mostra e del podcast; un dibattito che è potuto continuare attivamente durante l’intera durata della mostra, e in special modo durante le giornate del Festival “Resurface”; la mostra prevede ancora un dibattito pubblico tra gli/le artisti e le curatrici, presso la sede del MuCiv – Museo delle Civiltà di Roma, partner fondamentale del progetto
  • trovare nuove forme di sperimentazione laboratoriale partecipata (cfr. workshop e kit didattico alle voci “Le fasi di lavoro” e “Le strategie e gli strumenti”) per avvicinare un pubblico giovane a tematiche complesse come il colonialismo e le sue eredità nel presente, e le strategie per una nuova cultura decolonizzata.

 

Le criticità emerse
Un aspetto che andrebbe ulteriormente sviluppato è la capacità di attrarre un pubblico non-eurodiscendente e/o  con background culturali complessi, in modo particolare le nuove generazioni.
Nonostante la progettazione, la presenza degli artisti e tutte le iniziative siano state concepite come un dialogo con persone non-eurodiscendenti, il pubblico casuale ha continuato ad essere in maggioranza “bianco”. Rispetto a questa criticità, il progetto sta sviluppando proprie considerazioni metodologiche e strategiche per il futuro, ad esempio anche facendo riferimento a importanti realtà fondate da persone non euro-discendenti, che formano mediatori culturali sui temi sensibili del progetto.

Recapiti dell’ente promotore
Goethe-Institut Rom
via Savoia, 15 – 00198 Roma
tel. 06.8440051

Referenti del progetto
– Viviana Gravano e Giulia Grechi (curatrici)
viviana.gravano@gmail.com; giulia.grechi@gmail.com
– Antonella Perin (Direttrice Programmi Culturali, Goethe-Institut Rom)
Antonella.Perin@goethe.de

Data di pubblicazione della scheda: marzo 2022

 

Destinatari

Pubblico adulto, scuole secondarie di secondo grado, operatori culturali/museali

Partner

MuCiv - Museo delle Civiltà di Roma; AMM - Archivio Memorie Migranti; “Resurface” Festival