“Museo, Terra di migrazione”

Galleria d'Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo | Bergamo

2018

Da dove ha avuto origine – le azioni pregresse
Il progetto “Museo, Terra di migrazione” si basa sull’esperienza pluriennale maturata da GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo sul fronte delle politiche di sviluppo dell’accesso e di inclusione sociale/culturale (per una panoramica completa delle azioni intraprese dalla GAMeC a partire dal 2001, clicca qui).
Un lavoro che ha avuto come filo conduttore l’intercultura, portato avanti nel tempo con mediatori, adulti, migranti, scuole, ha poi preso forma in un progetto triennale “Oltrevisioni. Nuove cittadinanze culturali”, che ha coinvolto studenti dai 16 ai 24 anni in un percorso di appropriazione e mediazione del museo. Questa esperienza ha dato vita a un catalogo delle collezioni (“My Place / My Texts”), a video interpretativi delle opere (“My Place/ My Face”), e a un percorso di narrazione nelle sale (“My Place / My Voice”), sempre realizzati e condotti dai giovani partecipanti.
Nel 2018 l’attenzione della GAMeC all’integrazione e all’inclusione ha fatto un ulteriore passo in avanti, andando a intrecciarsi con due realtà: una, la Casa Circondariale di Bergamo, geograficamente vicina, l’altra, Palazzo Strozzi di Firenze, più lontana nello spazio ma affine in molta parte della progettualità. Questo è stato possibile grazie a un proficuo scambio tra i Servizi Educativi di Palazzo Strozzi e quelli della GAMeC, che hanno costruito due momenti di formazione per i propri educatori, uno a Firenze e uno a Bergamo, sul tema rispettivamente della progettazione e conduzione di percorsi rivolti a persone affette da Alzheimer (formazione a Palazzo Strozzi), e della progettazione e conduzione di percorsi nella Casa Circondariale (formazione presso la GAMeC).

Gli attori coinvolti – la rete di progetto
• Ente promotore: GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo
• Istituzioni partner: Palazzo Strozzi, Firenze; Casa Circondariale di Bergamo; ITCTS “Vittorio Emanuele II”, classe IV A; Comune di Bergamo; Caritas Diocesana.

Gli operatori – l’equipe di progetto
• Giovanna Brambilla, Responsabile Servizi Educativi GAMeC, responsabile di progetto
• Clara Manella, coordinamento Servizi Educativi GAMeC
• Maddalena Lusso, educatrice museale della GAMeC
• Marta Begna, educatrice museale della GAMeC
• Cristina Pancini, artista
• Teresa Mazzotta (Direttrice) e Anna Maioli (Responsabile dell’Area Trattamentale), Casa Circondariale di Bergamo
• Claudio Breno, volontario Casa Circondariale
• Marzia Marchesi, Presidente del Consiglio comunale.

I destinatari
• del percorso di formazione (legato alla conoscenza della GAMeC e della mostra “Black Hole”, del percorso portato avanti da Palazzo Strozzi con le persone affette da Alzheimer, del percorso fatto alla Casa Circondariale): studenti e studentesse di una classe IV dell’ITCTS “Vittorio Emanuele” di Bergamo, indirizzo Turismo, di diverse nazionalità
• delle narrazioni e dei percorsi di visita che ne sono scaturito: i visitatori del museo, i coetanei degli studenti, insegnanti di scuole superiori che hanno partecipato a una narrazione considerata “occasione formativa”, ospiti di comunità di profughi o di minori, educatori, formatori.

Gli obiettivi
Il progetto si è proposto di promuovere l’immagine del museo come luogo di migrazione e di perenne attraversamento, tramite dei punti focali d’attenzione tesi a sottolineare la condizione dell’esistenza come paradigma di migrazione, dell’essere in viaggio, della fatica e della ricchezza di incontrare luoghi e persone diverse, a prescindere dalla nazionalità e dalla propria biografia.
Altra finalità è stata quella di favorire l’incontro tra le opere esposte in mostra, un’artista (Cristina Pancini), i detenuti e gli studenti, valorizzando la capacità dell’arte contemporanea  di rompere le barriere e di creare ponti, coinvolgendo gli studenti in un processo di partecipazione creativa, e rendendoli protagonisti della mediazione di una mostra con diversi tipi di pubblico.

Obiettivi per i destinatari della formazione (studenti)
• acquisire una conoscenza storica e artistica della GAMeC e della mostra “Black Hole”
• sviluppare la percezione di sé nello spazio in un contesto culturale storico-artistico
• superare la tradizionale modalità di fruizione passiva delle opere, con un rovesciamento di sguardo che pone la persona al centro di un processo di risignificazione dell’immagine
• incontrare realtà composite e multiculturali, come la Casa Circondariale, sviluppando uno sguardo libero da pregiudizi e acquisendo la capacità di “prestare la propria voce” alle esperienze biografiche dei detenuti
• acquisire le capacità richieste per diventare mediatori di un percorso in una mostra, facendo tesoro di diverse sollecitazioni (cfr. “Le strategie e gli strumenti”)
• mettersi a disposizione di pubblici diversi: anziani (anche con scompensi, Alzheimer), migranti, docenti, adulti, pari (studenti).

Obiettivi per il Museo
• approfondire relazioni progettuali con altre istituzioni e altri formatori, così come con reti impegnate sul territorio nel campo dell’intercultura e della migrazione: Comune di Bergamo, Caritas, SPRAR, Comunità di accoglienza
• favorire la partecipazione attiva alla vita del museo dei giovani coinvolti nel progetto, valorizzando le loro esperienze biografiche e le loro competenze linguistiche (soprattutto se madrelingue di altri Paesi), e intrecciare relazioni formative e con il mondo della Scuola
• attivare nuove modalità di fruizione del patrimonio artistico della GAMeC grazie alle competenze e alla ricchezza degli spunti di lettura che i ragazzi hanno messo in gioco sul fronte della multiculturalità, tema di fondo dell’intero progetto, in modo molto esteso e ramificato, su più livelli
• fornire gratuitamente ai giovani visitatori della GAMeC delle modalità inedite di avvicinamento alle opere d’arte, attraverso un processo che mette in gioco non solo le conoscenze e le competenze, ma anche le curiosità e le emozioni
• fornire gratuitamente a svariate tipologie di pubblico – famiglie, profughi, ospiti di comunità, educatori e formatori, docenti – la possibilità di sperimentare la metodologia della narrazione come nuovo approccio all’arte, attraverso la freschezza e l’emozione che i giovani narratori hanno saputo trasmettere
• promuovere l’immagine della GAMeC come un museo aperto e sensibile alle problematiche dell’integrazione e dell’accessibilità museale da parte dei pubblici giovanili e di nuovi pubblici
• veicolare a un pubblico giovane e più ampio il sito del museo
• valorizzare l’esperienza dei partecipanti attraverso una restituzione al territorio, per rafforzare il senso di appartenenza al museo e la ricaduta che questo può avere nelle conversazioni e nelle frequentazioni tra pari, e tra adulti, attraverso la formazione di gruppi che hanno potuto usufruire di un calendario di visite, al termine del progetto.

Da quando, per quanto
Progettazione “Museo, Terra di migrazione”; settembre – ottobre 2018.
Sviluppo e realizzazione: novembre – dicembre 2018.

Come si articola – le fasi di lavoro
“Museo, Terra di migrazione” è un progetto che ha stabilito delle connessioni tra la GAMeC, Palazzo Strozzi, la Casa Circondariale e l’ITCTS “Vittorio Emanuele II”. Si è trattato di una macchina complessa, che ha quindi comportato diverse fasi per la sua realizzazione.

Pre-progettazione
• Attivazione di un nesso tra due mostre in GAMeC – “Enchanted Bodies / Fetish for Freedom” e “Black Hole” – che avevano spunti forti per una riflessione sulla migrazione (cfr. “Le strategie e gli strumenti”).
• Valutazione della disponibilità – accordata – dell’ITCTS “Vittorio Emanuele II” a sostenere il costo di un’artista e formatrice esperta, conduttrice insieme a Irene Balzani (Responsabile Servizi Educativi di Palazzo Strozzi) del progetto dedicato a persone affette da Alzheimer.
• Valutazione dell’interesse della classe IV A dell’ITCTS “Vittorio Emanuele II” al coinvolgimento nel progetto come alternanza scuola-lavoro.

Progettazione
La progettazione del progetto si è articolata nelle seguenti fasi:
• Individuazione e progettazione delle modalità di sviluppo del percorso (cfr. “Le strategie e gli strumenti”).
• Individuazione dei conduttori del progetto: l’educatrice GAMeC Maddalena Lusso, affiancata dall’educatrice GAMeC Marta Begna per il lavoro nella Casa Circondariale, e l’artista Cristina Pancini per la formazione degli studenti.
• Articolazione delle modalità di svolgimento del percorso, concordata dai conduttori con la Responsabile dei Servizi educativi della GAMeC.
• Condivisione e preparazione di materiali bibliografici e testi di consultazione per consentire ai detenuti di avvicinarsi alle opere, e agli studenti di fare altrettanto.
• Attivazione del percorso in carcere (giugno-settembre 2018), a partire dalla mostra “Enchanted Bodies”.
• Formazione degli studenti dell’ITCTS “Vittorio Emanuele II” a cura di Maddalena Lusso, per renderli consapevoli del progetto attuato nella Casa Circondariale; successivamente gli studenti si sono recati in carcere per incontrare i detenuti, raccogliere le loro narrazioni, e diventare poi, nel momento espositivo finale, la loro voce.
• Formazione degli studenti a cura di Cristina Pancini, condividendo e spiegando loro il progetto dedicato alle persone affette da Alzheimer a Palazzo Strozzi, e formandoli sul senso e il significato dei lavori da esse realizzati – “capolavori di fragilità” – che sono stati esposti insieme a quelli dei detenuti.
• Strutturazione (sempre a cura di Cristina Pancini, insieme ai ragazzi) del percorso che si sarebbe snodato nelle sale della GAMeC: dal momento dell’accoglienza dei visitatori all’ingresso, al percorso davanti alle tre opere esposte nella mostra “Black Hole”, sino all’approdo alle due sezioni della mostra “Museo, Terra di migrazione”: la sala con i “capolavori di fragilità” delle persone affette da Alzheimer e la sala con gli “oggetti d’affezione” dei detenuti.
• Dal 18 al 23 dicembre 2018 gli spazi dei Servizi Educativi della GAMeC hanno ospitato la mostra “Museo, Terra di migrazione”, accogliendo e conducendo numerosi gruppi, raggiunti e sollecitati alla visita attraverso una comunicazione mirata e, al termine, raccogliendo i loro messaggi/commenti in un momento dedicato di ascolto. Per i “pubblici speciali”, ovvero i principali destinatari (migranti e persone in situazione di fragilità), il percorso, esteso alle sale del museo, era gratuito e non richiedeva un biglietto d’ingresso. Per gli altri fruitori (adulti, docenti, senza caratteristiche di marginalità), il percorso è stato gratuito, ma la sua estensione alle sale della grande esposizione “Black Hole” è stata accessibile solo per chi avesse acquistato il relativo biglietto di ingresso.

Le strategie e gli strumenti
Si è innanzitutto lavorato alla creazione di un collegamento “di senso” tra le opere e i pubblici, che garantisse la tenuta del progetto:
• La statua del Dio Fluviale di Michelangelo, esposta a Palazzo Strozzi nell’ambito della mostra “Il Cinquecento a Firenze. Tra Michelangelo, Pontormo e Giambologna”, è stata, nel corso dei secoli, in perenne migrazione e a rischio di distruzione a causa dei materiali con cui è stata realizzata (argilla cruda, sabbia di fiume, peli di animali, fibre vegetali, legno e fili di ferro)
• La mostra “Enchanted Bodies / Fetish for Freedom”, a cura di Bernardo Mosqueira, affronta le tematiche dell’allontanamento da casa e della permeabilità delle barriere culturali, basandosi sulla religione del Candomblè, un culto animista Afro-Brasiliano diffusosi in Sud America con la deportazione degli schiavi. La scelta degli artisti (migranti temporanei, immigrati, nomadi, profughi, deportati, esiliati, ecc.) ha seguito un criterio specifico, ovvero la loro condizione di lontananza dal luogo di nascita.
• La preparazione degli studenti ha anche riguardato la mostra “Black Hole”, allestita in contemporanea all’esposizione conclusiva del progetto “Museo, Terra di migrazione”: tre opere in particolare, realizzate da Anish Kapoor, Anselm Kiefer, Dmitry Gelfand e Evelina Domnitch (artisti significativi per il concetto di migrazione – storica, geografica, politica e culturale), sono entrate a far parte dell’itinerario progettato insieme agli studenti.
• Il Dio Fluviale, le opere di “Enchanted Bodies”, gli anziani e gli studenti hanno migrato verso il museo, così come un’opera di Meschac Gaba (un “fagotto” esposto nella mostra “Enachanted Bodies” e realizzato con una bandiera degli Stati Uniti, un Paese in cui si sollevano muri e si tracciano nuove barriere per scoraggiare il contatto o l’ingresso di persone di diversa nazionalità ed etnia) ha migrato verso il Carcere per incontrare i detenuti.
• Due opere presenti nella Collezione permanente della GAMeC, una di Burri e una di Fontana, sono state esposte nella Casa Circondariale e raccontate: si è trattato di un’ulteriore migrazione, di due artisti che hanno viaggiato, anche in modo forzato, a causa delle guerre, e che hanno dato voce alla creatività umana.
• infine, tutti i lavori – quelli delle persone affette da Alzheimer e quelli dei detenuti – hanno avuto come medium la creta, materiale naturale, usato da molte civiltà, con una portata poetica e storica.

Di particolare interesse è la relazione intrecciata tra la mostra “Enchanted Bodies” e il percorso educativo pensato per il carcere di Bergamo, poiché gli artisti esposti e i destinatari del progetto condividono alcune condizioni, come ad esempio la vita lontano dal luogo di origine e la necessità di adattamento a diversi contesti culturali. Si è tenuto un primo momento di lettura in cui i partecipanti al progetto – di varie nazionalità – sono stati chiamati a scegliere un’opera e a immedesimarsi in essa parlandone in prima persona (i materiali di cui è fatta, gli scopi che si prefigge, la posizione fisica che occupa), entrando pienamente nella condizione dell’oggetto, delle sue funzioni e delle sue relazioni con lo spazio, con gli altri oggetti, con i visitatori, etc.  Ne sono scaturite delle narrazioni, messe a disposizione dei visitatori della mostra.
Si è poi articolato un secondo momento di interpretazione: ai detenuti è stato chiesto di creare degli oggetti-contenitori in argilla che rappresentassero metaforicamente valori e speranze.

Quanto agli studenti, l’incontro con l’artista formatrice (che li ha portati a superare le loro difficoltà iniziali, a comprendere il setting del lavoro con le persone affette da Alzheimer e il senso dei loro elaborati), con la Responsabile dei Servizi Educativi e degli Educatori GAMeC (che li ha portati alla comprensione di un articolato processo esperienziale), con le opere in mostra (ognuna portatrice di una sua storia: con la loro complessità) sono tutte sollecitazioni che hanno portato i ragazzi a dividersi in gruppi, ognuno portatore di un sapere e una comunicazione, in modo da alleggerire il carico di lavoro e da consentire a ogni studente di approfondire e perfezionare il proprio contributo, arrivando ad articolare una narrazione “per stazioni” modulata in relazione ai possibili utenti.

Molto importante è stata la ricognizione sul territorio di tutti quei centri, quelle associazioni e quelle strutture che sono legate al mondo della migrazione, alle associazioni portavoce di comunità non autoctone, alle situazioni di fragilità del mondo adolescenziale e adulto, ai docenti delle scuole.

La scelta del 18 dicembre, giornata internazionale dei diritti dei migranti (legata a una dichiarazione peraltro non sottoscritta dall’Italia), come data di inaugurazione del percorso, è stata fatta per attirare l’attenzione sul concetto di migrazione come condizione temporanea o permanente dell’esistenza di chiunque.

Gli strumenti utilizzati sono stati testi, video, immagini e testimonianze dirette – queste ultime senza dubbio le più cruciali nel percorso (l’educatrice, la formatrice, i detenuti…).

La produzione
• gli oggetti in creta realizzati dai detenuti
• le narrazioni dei detenuti, raccolte dagli studenti
• i percorsi di visita alla mostra a cura degli studenti.

La documentazione
• documentazione video-fotografica
• report degli incontri in carcere
• trascrizione delle narrazioni dei detenuti (effettuata sulla base di registrazioni)
• documentazione fotografica della mostra
• trascrizione dei “messaggi” lasciati dai partecipanti alle visite
• rassegna stampa.

La verifica e la valutazione
Ex ante
• incontro preparatorio tra lo staff dei Servizi Educativi, Maddalena Lusso, Marta Begna, Claudio Breno, per mettere a punto le modalità di svolgimento del progetto in carcere
• incontro di progettazione con Cristina Pancini per l’articolazione della formazione con gli studenti.

In itinere
• osservazione diretta dell’andamento del percorso, e monitoraggio indiretto attraverso i report
• momenti di condivisione del percorso, focus group, verifiche, riformulazioni e modifiche in itinere.

Ex post
• confronto diretto tra la Responsabile dei Servizi Educativi, i conduttori del progetto e le tirocinanti
• confronto tra la Responsabile dei Servizi Educativi e i partecipanti
• revisione dei materiali prodotti.

La presentazione e la pubblicizzazione
La GAMeC ha presentato la mostra alla città dal 18 dicembre al 23 dicembre 2018.
È stata effettuata una speciale azione di comunicazione redazionale nei confronti dei media classici attraverso l’intervento di apposito ufficio stampa, e sviluppata un’azione di promozione telematica attraverso l’utilizzo di newsletter e presenza sui social network.

Le risorse finanziarie
Il progetto è stato finanziato dalla GAMeC.

I punti di forza
• Il contatto diretto tra persone e opere: tra i detenuti, l’opera di Gaba, di Burri e Fontana, che ha “esposto” le persone al contatto ravvicinato, altrimenti impossibile, con l’arte, così come il contatto umano tra studenti e detenuti, che ha permesso di comprendere il significato di “farsi carico” della trasmissione di contenuti, di diventare la voce di un’altra persona che si è avuta la possibilità di incontrare e conoscere. Questo ha permesso di mettere in campo la stessa strategia nella relazione con le opere d’arte. La valorizzazione delle identità dei singoli nella creazione di una narrazione collettiva, la “fuoriuscita” del carcere nel museo, e l’ingresso in museo di “non pubblici” (migranti di centri d’accoglienza e anziani ospiti di comunità).
• Lo stimolo creativo offerto ai detenuti è stata la riflessione sulla propria identità e su ciò che ha permesso loro di entrare in connessione con sé stessi nel momento in cui, spogliati di tutto, hanno abbandonato una realtà conosciuta e familiare per approcciare lo spazio straniante e straniero del carcere – proprio come la religione del Candomblè, trasportata come bagaglio interiore, è servita alla popolazione africana per mantenere salda la propria identità durante la deportazione, la schiavitù e la conseguente repressione culturale americana. Una delle finalità della mostra “Enchanted Bodies” evidenziati dal curatore Mosqueira era infatti quella di «creare oggetti in grado di rendere le persone più libere e più forti».
• La possibilità per gli studenti di essere protagonisti del processo creativo, con ottime ricadute sull’autostima e sulla relazione positiva con i beni culturali: i ragazzi hanno connesso le loro conoscenze e competenze, la loro lingua madre, il loro vissuto di viaggiatori, le lingue apprese a scuola, mettendole a disposizione della tessitura di un percorso declinato su diverse tipologie di pubblico, imparando la gestione pausata del discorso con gli anziani (anche affetti da Alzheimer), l’elasticità di traduzioni estemporanee con pubblico di migranti ospiti di comunità o legati ai centri SPRAR, l’adattamento delle narrazioni alle diverse tipologie di pubblico – adulti, docenti, coetanei. Tutto questo lavoro si è svolto nel corso di numerose prove ed esercitazioni.

Le criticità emerse
• La complessità di interagire con i visitatori nella parte del percorso che si svolgeva nelle sale della mostra, quando queste erano affollate.
• La valutazione, nel caso di una riprogettazione analoga, di tempi più lunghi di permanenza della mostra.

Recapiti dell’ente promotore
GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo
via San Tomaso, 53 – 24121 Bergamo
www.gamec.it

Referente del progetto
Giovanna Brambilla
Responsabile Servizi Educativi
tel. 035.270272
giovanna.brambilla@gamec.it

Data di pubblicazione della scheda: novembre 2019

Destinatari

- del percorso di formazione: studenti di diverse nazionalità di una classe dell’ITCTS Vittorio Emanuele (indirizzo Turismo)
- delle narrazioni e dei percorsi di visita che ne sono scaturiti: visitatori del museo, coetanei degli studenti, insegnanti di scuole superiori, ospiti di comunità di profughi o di minori, educatori, formatori

Partner

Palazzo Strozzi, Firenze; Casa Circondariale di Bergamo; ITCTS Vittorio Emanuele II; Comune di Bergamo; Caritas Diocesana

Esiti/Prodotti

Oggetti in creta realizzati dai detenuti; narrazioni dei detenuti, raccolte dagli studenti; percorsi di visita alla mostra “Black Hole” a cura degli studenti