Da dove ha avuto origine – le azioni pregresse
Il progetto “My Place / My Face” si basa sull’esperienza pluriennale maturata da GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo sul fronte delle politiche di sviluppo dell’accesso e di inclusione sociale/culturale (per una panoramica completa delle azioni intraprese dalla GAMeC a partire dal 2001, clicca qui).
Negli ultimi anni in particolare, il Museo si è dedicato a esplorare il potenziale della narrazione come strumento duttile e congeniale alla mediazione del patrimonio culturale, alla promozione della cittadinanza attiva e alla creazione di “nuove appartenenze”. Un primo esito di questa innovativa attenzione allo strumento narrativo applicato in contesti museali è stato il progetto “12 narratori in cerca d’autore”, nell’ambito del quale 12 dei 33 Mediatori Museali che dal 2007 collaborano con GAMeC hanno creato altrettante narrazioni in italiano e in lingua madre, ognuna delle quali legata a un dipinto della Collezione Permanente e risultante da un intreccio tra avvenimenti storici (macrostoria), dati artistici e vissuti autobiografici, al fine di incoraggiare una nuova modalità di approccio alle opere. Le narrazioni sono state costruite non solo per un futuro pubblico “in presenza” al museo, ma per gli studenti del corso di Digital Video della NABA – Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, che su di esse e sulle opere scelte dai mediatori hanno dovuto lavorare alla realizzazione di un video originale, con un linguaggio proprio. In tal senso, il museo si è configurato come luogo non solo di promozione della cultura, ma anche di valorizzazione dei talenti emergenti con un’importante opportunità di lavoro.
Partendo da queste molteplici esperienze di inclusione sociale e interculturale, si è sviluppato il percorso “Oltrevisioni. Nuove cittadinanze culturali”, di cui “My Place / My Face” rappresenta la seconda annualità (cfr. voce “Come si articola – Le fasi di lavoro”).
Gli attori coinvolti – la rete di progetto
• Ente promotore: Comune di Bergamo, Assessorato alle Politiche Giovanili
• Istituzione partner di questa sezione del progetto “Otrevisioni”: GAMeC di Bergamo.
Gli operatori – l’equipe di progetto
• Giovanna Brambilla, Responsabile Servizi Educativi GAMeC, responsabile di progetto
• Clara Manella, Coordinamento Servizi Educativi GAMeC
• Rita Ceresoli, Educatrice museale della GAMeC
• Gianluca e Massimiliano De Serio, video-artisti e registi
• i giovani coinvolti, autori dei video (oltre che destinatari del progetto): Sara Allushi (Albania), Nisrin Amayoune (Marocco), Embarka Bahrini (Tunisia), Meryem Boumediene (Marocco), Maria Bianca Carp Grecu (Romania), Bevjon Doko (Albania), Micaela Fusaro (Paraguay – Brasile), Annabella Gutierrez (Ecuador), Seban Kaoul (India), Samia Marzaki (Marocco-Francia), Magatte Ndiaye (Senegal), Melvy Pardo (Bolivia), Angela Piaggio (Argentina), Ingrid Queiroz Ferreira (Brasile), Francesca Scotti (Italia-Germania), Mariam Soumahoro (Costa d’Avorio), Dienavie Umayam (Filippine), Karla Valenzuela (Ecuador), Astrid Zelaya (Bolivia).
I destinatari
• del percorso di conoscenza del museo e dei brevi video dedicati alla Collezione Permanente: diciannove ragazzi migranti di cosiddetta “seconda generazione”, di età compresa tra i 16 e i 24 anni
• dei video creato dai ragazzi: i visitatori del museo, preferibilmente coetanei (ma la visione dei video è promossa al di là di una specifica fascia d’età o del target delle scuole).
Gli obiettivi
Il progetto si è proposto di creare un passaggio di testimone dai ragazzi coinvolti ai loro coetanei attraverso processi di partecipazione creativa, sfatando l’immagine del museo come luogo delle scolaresche o degli adulti, in cui è possibile solo una relazione di ascolto (dell’esperto), devozione, rispetto e distanza.
Più in particolare, il titolo “My Place / My Face” ha voluto condensare le finalità che si è posta la GAMeC:
• il museo deve diventare “My Place”, luogo di partenza e di appartenenza, in cui ci si riconosce perché viene costruito un legame fondato sia sulla conoscenza dello spazio e delle collezioni, sia sull’attivazione di un processo di lettura di queste ultime, in cui ci si possa mettere in gioco con coraggio, in un contesto di ascolto e valorizzazione di ciascuno
• “My Face”, invece, è il punto di arrivo: la creazione di brevi video volti ad illustrare ai propri coetanei le opere della Collezione Permanente della GAMeC – uno strumento nuovo, pensato per favorire inedite modalità di dialogo tra i giovani e il museo, abbattere le barriere di fruizione passiva e incoraggiare riletture capaci anche di staccarsi dal vincolo dell’immagine dell’opera per attingere a scenari personali, nati da una riflessione che spesso ha avuto origine da alcune parole chiave come identità, viaggio, spazio, luogo, emozioni, conflitto, suggerite dalle opere stesse (cfr. voce “Le strategie e gli strumenti”).
Obiettivi per i destinatari
• acquisire una conoscenza storica e artistica della Collezione Permanente della GAMeC
• sviluppare la percezione di sé nello spazio in un contesto culturale storico-artistico
• superare la tradizionale modalità di fruizione passiva delle opere, con un rovesciamento di sguardo che pone la persona al centro di un processo di risignificazione dell’immagine
• sviluppare l’abilità di trasporre la lettura dell’opera – una lettura non arbitraria, ma nata da un confronto stringente con la sua creazione e il suo significato – in una sceneggiatura breve per poi costruire un video, utilizzando gli strumenti a propria disposizione (smartphone, computer, internet…).
Obiettivi per il Museo
• favorire la partecipazione attiva alla vita del museo dei giovani coinvolti nel progetto, partendo dal presupposto che attraverso l’identità del singolo è possibile creare una descrizione dell’opera in grado di veicolare a un ampio uditorio non solo informazioni storico-artistiche, ma anche suggestioni legate alla sfera emotiva e relazionale; queste ultime consentono ai fruitori della Collezione Permanente di apprendere una nuova modalità esperienziale di confronto con il patrimonio culturale, mettendosi in gioco in prima persona
• arricchire la conoscenza del patrimonio artistico della GAMeC grazie alle competenze e alla ricchezza degli spunti di lettura che i ragazzi hanno messo in gioco sul fronte della multiculturalità, essendo migranti di seconda generazione
• fornire gratuitamente ai giovani visitatori della GAMeC strumenti più adatti alla loro età e ai loro interessi per la comprensione delle opere
• promuovere l’immagine della GAMeC come un museo aperto e sensibile alle problematiche dell’integrazione e dell’accessibilità museale da parte dei pubblici giovanili e di nuovi pubblici
• veicolare a un pubblico giovane e più ampio il sito del museo
• valorizzare l’esperienza dei partecipanti attraverso una restituzione al territorio per rafforzare il senso di appartenenza al museo e la ricaduta che questo può avere nelle conversazioni e nelle frequentazioni tra pari
• formare, con attenzione e investimento di tempo e risorse, dei possibili futuri “narratori” del museo, confidando nella rinnovata partecipazione dei protagonisti di questa edizione alla prossima terza ed ultima edizione, che dovrebbe dare vita proprio a percorsi narrati.
Da quando, per quanto
Progettazione “Oltrevisioni” per conto del Comune di Bergamo, che ha partecipato al bando “Protagonismo culturale dei cittadini” indetto da Fondazione Cariplo: aprile-giugno 2015.
Sviluppo e realizzazione di “My Place / My Face” (seconda annualità di “Oltrevisioni”): ottobre 2016 – giugno 2017.
Come si articola – le fasi di lavoro
“My Place / My Face” è un percorso inserito in “Oltrevisioni”, un articolato programma di attività e iniziative promosso dagli Assessorati alla Cultura e alle Politiche Giovanili di Bergamo che ha ottenuto il finanziamento di Fondazione Cariplo.
Nello specifico, ai Servizi Educativi della GAMeC è stato chiesto di pensare a un nuova modalità di interagire con l’arte, dedicata a ragazze e ragazzi migranti di seconda generazione, che potesse svilupparsi su tre annualità: la prima dedicata al testo scritto (“My Place / My Texts”), la seconda alla realizzazione di video (“My Place / My Face”) e la terza a un’attività di storytelling e di percorsi guidati (“My Place / My Voice”).
Pre-progettazione
• ricerca delle modalità di costruzione di un progetto sulle indicazioni e le richieste del Servizio Giovani del Comune di Bergamo, che ha individuato nei ragazzi migranti di seconda generazione i fruitori per i quali progettare un percorso triennale
• focus group con lo Staff GAMeC e la Responsabile dei Servizi Educativi per la stesura del progetto “Oltrevisioni” e presentazione del progetto con il Comune di Bergamo.
Progettazione
La progettazione del progetto si è articolata nelle seguenti fasi:
• individuazione e progettazione delle modalità di sviluppo del percorso
• individuazione dei conduttori del progetto, l’educatrice Rita Ceresoli e i video-artisti/registi Gianluca e Massimiliano De Serio
• articolazione delle modalità di svolgimento del percorso, concordata dai conduttori con la Responsabile dei Servizi educativi della GAMeC
• condivisione e preparazione di materiali bibliografici e testi di consultazione
• reclutamento dei partecipanti al progetto attraverso pubblicizzazione, a partire dal mese di marzo 2016.
Ciclo di incontri per la conoscenza della Collezione Permanente e la creazione dei video
Gli incontri si sono strutturati in due momenti distinti: il primo, condotto dall’educatrice museale Rita Ceresoli, legato all’esplorazione della collezione permanente; il secondo, condotto dai fratelli De Serio, legato alla rilettura delle opere attraverso il video, e alla realizzazione dello stesso.
1) Dopo un primo incontro di presentazione del progetto, gli iscritti sono stati divisi da Rita Ceresoli in due gruppi di lavoro, a seconda della preferenza indicata dai partecipanti fra i due giorni proposti, il lunedì e il venerdì. Ogni gruppo ha partecipato a 8 incontri di 2 ore ciascuno con cadenza settimanale.
Gli incontri hanno avuto un taglio prettamente laboratoriale e sono stati pensati tenendo in considerazione la necessità sia di introdurre i ragazzi “nuovi” alle collezioni del museo, all’arte contemporanea e ai suoi linguaggi, sia di mantenere vivi l’interesse, la curiosità e la motivazione dei partecipanti reduci dall’esperienza dell’anno precedente, pur prevedendo un lavoro sulle stesse opere.
A fine percorso, a ciascun partecipante sono stati consegnati/inviati materiali di approfondimento sugli autori in forma sia cartacea che video (disponibili e reperibili in rete).
2) Il workshop di film-making si è articolato in tre fasi: visione e analisi dei quadri della collezione, ciascuno “adottato” da uno dei ragazzi, insieme a Gianluca e Massimiliano De Serio; individuazione di un’immagine di sintesi, per raggiungere una sorta di “distillato” che aiutasse i ragazzi nella fase di trasposizione in video dell’esperienza vissuta a contatto con le opere; realizzazione di brevi video dedicati alle opere della collezione permanente.
Il progetto si è concluso con una cerimonia di presentazione alla città di “My Place / My Face” e dei video dedicati alla Collezione Permanente del museo (Spazio ParolaImmagine della GAMeC, 9 giugno 2017). Durante l’incontro, a cui hanno preso parte l’Assessore alla Cultura Nadia Ghisalberti, il Direttore GAMeC Giacinto Di Pietrantonio e la Responsabile dei Servizi Educativi Giovanna Brambilla, i ragazzi hanno ricevuto un diploma di “young film- maker”. A seguire, un percorso di narrazione nella sale della Collezione Permanente a cura di Alzira da Costa Baia e Maida Ziarati, mediatrici museali, ha consentito al pubblico di comprendere che cosa significa raccontare il museo attraverso una narrazione, una pratica sempre più diffusa per mettere in relazione le opere e i visitatori che sarà al cuore della terza e ultima annualità del progetto (prevista da settembre a dicembre 2017), e di cui i Servizi Educativi della GAMeC sono stati pionieri.
Le strategie e gli strumenti
1) Negli incontri laboratoriali dedicati all’esplorazione della collezione permanente con Rita Ceresoli, particolare importanza è stata data alla lettura delle potenzialità dell’opera dal punto di vista comunicativo, puntando non solo sull’osservazione, ma anche sulla capacità di estrapolare immagini, parole e concetti, e sperimentando la possibilità di “ricostruire” l’opera attraverso l’assemblaggio di materiali, il gioco espressivo (ad esempio i “Quadri viventi” o il gioco “Taboo”, nel quale si chiedeva ai ragazzi di mimare o descrivere le opere senza potere usare una determinata parola o fare un determinato gesto – una modalità utile per invitare a sguardi meno superficiali sul contenuto di un quadro o sul soggetto di una scultura) e associativo (ad esempio “Trova l’opera partendo dall’indizio…”, “Citazione in cerca d’autore”). Alternando attività ludico-dinamiche ad attività ludico-riflessive, l’educatrice ha aiutato i ragazzi a lavorare sui concetti fondamentali racchiusi nelle opere facendoli partecipare attivamente, costruendo gradualmente la dimensione del gruppo e superando alcune resistenze e timidezze iniziali.
In una prima fase ci si è avvalsi della suggestione delle mostre in corso alla GAMeC (una dedicata a Michelangelo Pistoletto e una a Fabio Mauri), che hanno offerto un’ottima palestra di dialogo grazie alla loro enfasi sul legame tra opere e spettatore e tra opere, identità e coscienza critica; si è poi passati a lavorare in modo più approfondito e puntuale sulla Collezione Permanente.
Le opere sono in parte state scelte dai partecipanti in base alle rispettive preferenze, e in parte assegnate dall’educatrice in modo da evitare facili sovrapposizioni e non escludere nessuna opera del museo; in quest’ultimo caso, l’impegno di Rita Ceresoli a facilitare l’atto di “appropriazione” dell’opera (nell’affrontare le situazioni più “critiche” si è scelta la strada della discussione di gruppo: c’è stato chi ha proposto uno scambio o si è reso disponibile a “cedere” un’opera per equilibrare le attribuzioni, e chi – tra i ragazzi al secondo anno di esperienza – si è fatto carico di un’opera in più), unito al lavoro di gruppo che ha sempre contribuito ad affiancare il singolo nell’analisi, è stato un fattore decisivo per superare i momenti di difficoltà.
2) Nel workshop di film-making, la prima fase ha subito visto la partecipazione attiva di tutti i partecipanti, ognuno con la propria personalità e le proprie attitudini: nel lavoro di analisi dei quadri della collezione, ciascuno “adottato” da uno dei ragazzi, sono emersi i singoli gusti, le visioni e i modi di interpretare l’arte. Questo approccio ha permesso a Gianluca e Massimiliano De Serio di conoscere i partecipanti e a questi ultimi di stringere legami e formare piccoli gruppi in base alle affinità emerse.
L’invito a una modalità di protagonismo creativo nella fruizione dell’opera è stato al centro della seconda fase del workshop, in cui è stato chiesto ai ragazzi di visualizzare l’immagine sintetica che meglio esprimesse il groviglio di emozioni scaturite dall’osservazione delle opere analizzate con i De Serio. L’intenzione era quella di raggiungere una sorta di “distillato” che aiutasse i partecipanti nella fase di trasformazione in video, mostrando il cuore del loro pensiero senza tuttavia perderne le sfumature. Autobiografie, analisi sociologiche, rimandi culturali e storici, ridefinizioni di identità nel passaggio all’età adulta, rilettura della vita, sono tutti temi che si sono sviluppati sottotraccia in questa fase.
Da ultimo si è pensato alla messa in scena, che ha consentito ai partecipanti di sperimentare in prima persona le difficoltà della realizzazione di un video e della trasformazione del pensiero in immagine. L’approccio è stato quello di mettere in circolo e condividere le singole risorse e competenze (ad esempio la conoscenza e l’uso di programmi di montaggio e animazione), cercando di valorizzare chi già ne aveva e di dare a ognuno un ruolo nei vari gruppi, come in una troupe vera, anche nella fase di montaggio.
La produzione
Sono stati prodotti 38 video di breve durata, due per ogni ragazzo coinvolto nel progetto. Ogni video è accompagnato da un breve testo che ne restituisce il significato, esplicitando anche il collegamento con l’opera di partenza.
I video sono stati presentati al pubblico in occasione della restituzione pubblica del progetto alla città; successivamente sono stati sottoposti a editing per uniformare la loro presentazione, e verranno caricati su dei tablet per la visita alla collezione permanente.
La documentazione
• documentazione video-fotografica
• report dei vari incontri.
La verifica e la valutazione
Ex ante
• incontro preparatorio tra lo staff dei Servizi Educativi e Rita Ceresoli, e incontro successivo con Gianluca e Massimiliano De Serio, per mettere a punto le modalità di svolgimento del progetto.
In itinere
• osservazione diretta dell’andamento del percorso
• momenti di condivisione del percorso, focus group, verifiche, riformulazioni e modifiche in itinere.
Ex post
• confronto diretto tra la Responsabile dei Servizi Educativi, i conduttori del progetto e la tutor e tirocinante Benedetta Marchi al termine degli incontri
• confronto tra la Responsabile dei Servizi Educativi e i partecipanti.
La presentazione e la pubblicizzazione
La GAMeC ha presentato alla città gli esiti di “My Place / My Face” il 9 giugno 2017.
È stata inoltre effettuata una speciale azione di comunicazione redazionale nei confronti dei media classici attraverso l’intervento di apposito ufficio stampa, e sviluppata un’azione di promozione telematica attraverso l’utilizzo di newsletter e presenza sui social network.
Le risorse finanziarie
Il progetto è stato finanziato dalla Fondazione Cariplo (bando “Protagonismo culturale dei cittadini”) e dal Comune di Bergamo, Assessorato alle Politiche giovanili della città.
I punti di forza
• I metodi impiegati dall’educatrice Rita Ceresoli, basati sulla scoperta, sul riconoscimento, sull’associazione di opere a descrizioni, oggetti, colori, coinvolgendo i partecipanti in una modalità di ascolto reciproco e in una nuova capacità di osservazione, sono stati decisivi nel rendere proficuo il percorso di conoscenza ed esplorazione della collezione permanente. Positivo anche il riscontro a livello relazionale: le dinamiche utilizzate hanno consentito ai ragazzi non solo di accostarsi al museo secondo un approccio educativo non formale, familiarizzando con l’ambiente, ma anche di fare conoscenza fra di loro.
• Nel workshop di film-making, i partecipanti sono stati messi alla prova nel conquistarsi una autonomia importante: Gianluca e Massimiliano De Serio non si sono sostituiti a loro nella realizzazione dei video, ma li hanno stimolati a dar forma, ognuno con gli strumenti che sapeva usare, alla propria interpretazione delle opere. In questo modo si è evitato di creare una pericolosa sovrapposizione (come di frequente avviene in progetti come questo) tra le competenze dell’adulto e il progetto del giovane, e il linguaggio e i risultati che ne sono scaturiti – certo, accompagnati dalla capacità maieutica e dalle osservazioni e dai consigli dei fratelli De Serio – sono la cartina di tornasole delle effettive competenze e abilità dei partecipanti. Attraverso momenti di discussione partecipata i ragazzi hanno avuto l’opportunità di interiorizzare le opere d’arte e di trasfigurarle in un processo artistico proprio, unico e irripetibile. Alla domanda: “Cosa ha voluto esprimere l’artista con questo quadro?” è seguita quella più cruciale e, in termini educativi, più interessante: “Come diventare parte integrante del processo creativo?”. L’esperienza della fruizione ha avuto così l’innesto di elementi emotivi, culturali e biografici dei singoli ragazzi, in un percorso di mescolamento e ridefinizione.
• Più in generale, la capacità dialogica di Rita Ceresoli e la modalità partecipata della conduzione della sua parte, unite alle competenze pregresse maturate da Gianluca e Massimiliano De Serio nella conduzione di progetti dedicati ai giovani in contesti museali, hanno fatto sì che “My Place / My Face” non sfociasse nella rilettura iconografica delle opere o in una loro riproposizione didascalica e poco partecipata, ma in una appropriazione della modalità espressiva da parte dei partecipanti, che “ci hanno messo la faccia” e hanno fatto dell’opera una “porta” sulla loro identità.
Le criticità emerse
• Nella fase iniziale di “My Place / My Face”, si è incontrata qualche difficoltà nella gestione dell’impegno da parte dei ragazzi, non sempre tempestivi nel comunicare eventuali problemi a partecipare ad alcuni incontri; nel tempo, tuttavia, la situazione è migliorata e il senso di responsabilità individuale è cresciuto.
• Le proposte iniziali di video hanno dovuto essere modificate sulla base delle effettive capacità di realizzazione dei ragazzi (i video dovevano essere un loro prodotto); in alcuni casi la “gestazione” ha richiesto prove, cancellazioni, riscritture e modifiche, nate da un confronto sia con le opere che con i fratelli De Serio.
• La durata del progetto, spesso accavallata a stage o a momenti impegnativi per lo studio e le richieste della scuola, ha causato l’abbandono di quattro partecipanti. Non sempre, inoltre, le scuole hanno dimostrato di attribuire all’esperienza vissuta il giusto valore nel percorso formativo dei ragazzi, perché il progetto – nato da una selezione di singoli partecipanti motivati – è stato vissuto come un momento personale e non condiviso con il mondo scolastico, spesso portavoce di istanze diverse e più formali.
Recapiti dell’ente promotore
GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo
via San Tomaso, 53 – 24121 Bergamo
www.gamec.it
Referente del progetto
Giovanna Brambilla
Responsabile Servizi Educativi
tel. 035.270272
giovanna.brambilla@gamec.it
Data di pubblicazione della scheda: ottobre 2017