Da dove ha avuto origine – le azioni pregresse
Lanciato in occasione del convegno “Lost in Translation” (Triennale di Milano, 23 febbraio 2010), il concorso si rivolge a giovani artisti e istituzioni culturali, chiamati a collaborare allo sviluppo di nuovi e originali progetti volti all’inclusione culturale dei “nuovi cittadini”, in osservanza della Convenzione Unesco per la protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali (2005), ratificata anche dall’Italia.
L’idea del premio (titolo della prima edizione: “Lost in Translation. Arte e Intercultura” – cfr. bando) nasce da alcuni quesiti di fondo: qual è il contributo delle istituzioni culturali deputate alla tutela e valorizzazione del patrimonio (musei, biblioteche e archivi) alla questione della diversità, e quale il loro effettivo impegno nella promozione di una piena partecipazione dei “nuovi cittadini” alla vita culturale della comunità di cui sono entrati a far parte?
Alla prova dei fatti, la nozione che le politiche culturali debbano giocare un ruolo attivo nella lotta al pregiudizio, all’incomprensione, all’omologazione, è tutt’altro che pacificamente acquisita; ancora oggi i diritti culturali dei cittadini di origine immigrata tendono a essere declassati a questione di marginale importanza, e comunque ritenuti al di fuori della sfera di competenza delle istituzioni culturali mainstream, la cui funzione principale è quella di promuovere l’eccellenza.
E quindi ecco sorgere altri quesiti: come stimolare le istituzioni alla promozione e al sostegno di progetti genuinamente interculturali? Non sono forse gli artisti un possibile, prezioso alleato in questo processo, grazie al contributo che possono offrire allo sviluppo di nuovi punti di vista sulle nozioni di patrimonio e identità, e all’esplorazione di nuove modalità di dialogo e interazione con le comunità locali? Se da un lato molte istituzioni culturali hanno sinora faticato ad andare oltre il semplice modello di sviluppo dell’accesso (“aprendo le porte” ai migranti e offrendo loro l’abc di un patrimonio dato, sino a quel momento a loro precluso), dall’altro gli artisti operano sovente in assenza del sostegno delle istituzioni, e vedono il loro lavoro relegato all’episodicità.
Gli attori coinvolti – la rete di progetto
• Enti promotori: Connecting Cultures e Fondazione Ismu – Settore Educazione – Patrimonio e Intercultura, Milano
• Istituzioni partner: PaBAAC – Direzione Generale per il paesaggio, le belle arti, l’architettura e l’arte contemporanee del Ministero per i Beni e le Attività Culturali (ente finanziatore del Premio); AIB – Associazione Italiana Biblioteche (patrocinio).
Gli operatori – l’equipe di progetto
Il gruppo di lavoro è composto da:
• Anna Detheridge, Laura Riva, Adelaide Santambrogio, Anna Vasta (Connecting Cultures)
• Simona Bodo e Silvia Mascheroni (Fondazione Ismu, Settore Educazione, Patrimonio e Intercultura).
Ai lavori della giuria che ha valutato i progetti hanno partecipato inoltre:
• Connie Castro e Rosana Gornati, mediatrici culturali e museali
• Costanza Meli, storica dell’arte e presidente dell’Associazione Isole, Palermo (vincitrice della prima edizione del premio insieme al collettivo Impossible sites dans la rue)
I destinatari
• giovani artisti, videomaker, designer, filmmaker, performer, fotografi, italiani e stranieri, singolarmente o come collettivo, di età compresa tra i 18 e i 35 anni, residenti in Italia o comunque attivi sul territorio italiano
• istituzioni culturali, ovvero musei, biblioteche e archivi presenti su tutto il territorio nazionale; il ruolo dell’istituzione culturale, oltre a garantire la “effettiva” realizzabilità e sostenibilità del progetto proposto, è quello di promuovere una partecipazione dei cittadini e delle comunità tesa a innescare e favorire reali processi di dialogo, scambio, interazione e trasformazione.
Accanto a questi due attori fondamentali, il Premio promuove il coinvolgimento di altri enti e soggetti, tra cui amministrazioni locali, università e accademie d’arte, comunità di pratica, associazioni culturali, sociali o demoetnoantropologiche.
Gli obiettivi
• favorire la collaborazione fra artisti e istituzioni culturali nella realizzazione di progetti che promuovano il dialogo fra individui portatori di sensibilità culturali differenti in specifici contesti urbani o di comunità, generando nuove relazioni e consapevolezza
• promuovere l’utilizzo dei linguaggi artistici e della creatività nella risoluzione di problematiche concrete legate al territorio grazie alla partecipazione di cittadini, comunità ed istituzioni
• porre maggiore enfasi sul riconoscimento delle politiche di empowerment e di inclusione culturale quali “prassi ordinaria” da parte di istituzioni radicate nel territorio quale fattore chiave di sostenibilità, continuità e capillarità degli interventi.
Formazione
In previsione della seconda edizione del Premio, Connecting Cultures e Fondazione Ismu – Settore Educazione – Patrimonio e Intercultura hanno promosso nell’aprile 2011 un seminario di formazione e di riflessione sul tema della progettazione artistica e dell’educazione al patrimonio in chiave interculturale aperto agli artisti, ai mediatori e ai rappresentanti delle istituzioni museali e culturali (biblioteche e archivi) da tutta Italia.
Risorse consultabili
– Schede dei progetti selezionati in occasione della prima edizione del Premio
– Bando della seconda edizione
– Documentazione video della premiazione ospitata a Brera il 2 febbraio 2012 dalla Soprintendenza per il Beni storici, artistici ed etnoantropologici di Milano.
Qui di seguito pubblichiamo una sintetica descrizione dei due progetti vincitori ex aequo e degli altri tre progetti selezionati nell’ambito della seconda edizione del premio.
Progetti vincitori ex aequo
“LANDSCAPE REMIX”
Artista: Giulia Casula
Istituzione culturale: MAN Museo d’arte Provincia di Nuoro
Obiettivi
• utilizzare il patrimonio come strumento di confronto tra individui di nazionalità diverse e come stimolo per elaborazioni espressive individuali e collettive
• conoscere altre culture in maniera critica e consapevole
• promuovere la memoria orale attraverso il dialogo interpersonale e l’integrazione sociale
• favorire il lavoro di gruppo, generando un desiderio di scambio e una predisposizione a conoscere e a collaborare
• creare una nuova possibilità di lettura delle opere della collezione permanente del MAN Museo d’arte della Provincia di Nuoro, dando loro nuova vitalità
• promuovere in un nuovo pubblico la conoscenza del territorio e del suo patrimonio attraverso l’esperienza diretta.
Destinatari
Pubblico di tutte le fasce di età, in particolare utenti dei Centri Territoriali Permanenti per l’educazione degli adulti di Nuoro, Isili e Tortolì in Provincia di Nuoro. Scuole elementari e medie, istituti superiori, educatori museali, insegnanti, associazioni.
Sintetica descrizione del progetto
Il museo è anzitutto uno spazio di comunicazione per la città. Uno spazio i cui confini sono in continua espansione. La collezione permanente del MAN Museo d’arte della Provincia di Nuoro è formata da un corpus di oltre 400 opere d’arte sarda che annovera grandi maestri come Giovanni Pintori, Costantino Nivola, Maria Lai e Pinuccio Sciola. “Landscape remix” è un progetto partecipativo che, partendo da una selezione di queste opere, richiama l’attenzione sul paesaggio e invita ad esplorarlo scoprendo le sinestesie tra suoni, forme e colori che lo caratterizzano. Un percorso fondato sulla stimolazione plurisensoriale e sinestetica, un’interazione tra persone e opere d’arte che darà vita a un’esplorazione del territorio, finalizzata alla creazione di una performance sonora.
Il progetto stimola la creazione basandosi sulla trasmissione dei saperi individuali e sullo scambio e il confronto tra gruppi di lavoro eterogenei. Sarà articolato in quattro fasi per ogni gruppo partecipante:
1) la prima fase è dedicata all’osservazione delle opere negli spazi espositivi e ad immaginare che tipo di suoni ne possano fuoriuscire;
2) la seconda è dedicata all’ascolto diretto di alcuni luoghi della città di Nuoro e dei suoi dintorni; ogni partecipante darà una personale traduzione dei suoni in segni su carta, e tutti i disegni realizzati andranno a formare un’unica partitura;
3) la terza fase è dedicata all’interpretazione della partitura attraverso la sperimentazione di voce e corpo come strumenti di elaborazione di suoni;
4) con la collaborazione di un sound designer, la fase finale sarà dedicata alle prove per la performance finale. Oltre a essere trasmessa in diretta “on air” da Radio Rai Sardegna e Radio Barbagia, ed entrare a far parte come podcast dell’archivio web di Sardegna Digital Library, la registrazione audio della performance sarà inserita nel contesto della mostra permanente del Museo MAN e potrà essere uno strumento di mediazione e di interpretazione delle opere.
Luoghi di realizzazione
MAN Museo d’arte della Provincia di Nuoro, Centri Territoriali Permanenti di Nuoro, Isili e Tortolì. Spazi esterni, pubblici e privati. Radio e web.
Risultati attesi
• interazione tra il museo e nuovi pubblici
• sviluppo di una maggiore consapevolezza delle possibilità di traduzione e interpretazione delle opere d’arte del passato nel presente
• stimolo nei cittadini locali e stranieri di una maggiore empatia con il territorio
• promozione di scambi e traduzioni tra linguaggi e culture diverse attraverso la sinestesia.
“LINGUA MAMMA”. UN PERCORSO ARTISTICO-LINGUISTICO CON LA COMUNITÀ BENGALESE DI ROMA
Artiste: Sara Basta, Mariana Ferratto
Istituzione culturale: Biblioteca Comunale “Dino Penazzato”, Roma
Obiettivi
• promuovere e valorizzare la cultura dei cittadini di origine bengalese residenti a Roma nei quartieri Torpignattara e Quadraro
• favorire l’interazione con i residenti autoctoni attraverso uno scambio culturale basato sull’apprendimento della lingua
• attivare una serie di sinergie tra istituzioni già attive nell’ambito dell’integrazione degli immigrati bengalesi per potenziarne l’azione attraverso la creazione di una rete di connessione e supporto reciproco, che possa incentivare lo scambio, il confronto e la condivisione continuativa di idee e di progetti
• intervenire su problemi concreti legati al rapporto tra contesto urbano e abitanti, e alle difficoltà di “vicinato”, per attivare un dibattito/dialogo che punti alla consapevolezza del valore della diversità culturale come fonte di crescita personale e collettiva
• stimolare la creatività, la socializzazione e il confronto tra i partecipanti, coinvolgendoli direttamente in attività artistico-culturali volte a mediare la comunicazione con l’“altro” e incentivare la reciproca conoscenza.
Destinatari
Il progetto si rivolge alla comunità bengalese e ai residenti autoctoni dei quartieri Torpignattara e Quadraro, e in particolare ai bambini e alle donne delle rispettive comunità. Di fatto, i bambini bengalesi sono per le loro famiglie i principali mediatori nell’apprendimento della nuova lingua; le donne che arrivano in Italia, e che in larga parte non lavorano, non hanno molte occasioni di relazionarsi al di fuori del contesto familiare e quindi non imparano la lingua italiana se non attraverso i figli, che si integrano molto più rapidamente nel nuovo paese frequentando la scuola o giocando con gli altri bambini.
“Lingua Mamma” si propone quindi di promuovere il naturale apprendimento della lingua nei bambini e, attraverso di loro, sostenere i primi passi delle donne della comunità bengalese verso l´integrazione. Inoltre il progetto si focalizza sulla relazione madre-figlio come vettore principale per la costruzione di un’identità comune alle due culture, bengalese e italiana.
Sintetica descrizione del progetto
Il progetto nasce dal riconoscimento del linguaggio come primo elemento di differenza tangibile tra le culture e come primo veicolo per l´identificazione della realtà e la costruzione della propria identità.
Nello specifico, “Lingua Mamma” si concentra sulla comunità bengalese di Roma, studiando un percorso di scambio artistico-linguistico tra bambini italiani e bengalesi e tra bambini e madri bengalesi e italiane. Roma ospita la quarta comunità bengalese nel mondo, dopo quella londinese; i quartieri di Torpignattara e Quadraro sono stati scelti come luoghi di svolgimento del progetto per la presenza bengalese particolarmente forte. Quello della lingua madre è un tema molto caro a questo popolo, che non solo considera il bangla come elemento principale di identificazione della propria cultura e tradizione, ma lo pone alla base della storia stessa della nascita del Bangladesh.
In questo contesto, il lavoro delle artiste sviluppa l’aspetto ludico e creativo dell’apprendimento di una lingua straniera; media la comunicazione tra comunità di immigrati e residenti locali attraverso la valorizzazione e l’espressione delle reciproche identità culturali; innesca un percorso relazionale che attraverso una progressiva socializzazione conduca al riconoscimento dell’altro e allo sviluppo del dialogo fra le comunità coinvolte.
Le attività laboratoriali previste si dividono in tre fasi, che affrontano la questione dell’integrazione linguistica da più punti vista; sono finalizzate da un lato a costruire un vocabolario comune alle due culture, dall’altro ad aggiungere a tale vocabolario uno scambio ulteriore di tradizioni e patrimoni:
1) realizzazione di un glossario in italiano e in bengalese, che sarà distribuito nelle case dei partecipanti, oltre che nelle biblioteche comunali e nelle scuole dei due quartieri, in modo da attivare un primo scambio culturale;
2) workshop sulle ninne-nanne: i bambini racconteranno e canteranno le ninne nanne imparate dai propri genitori, che verranno poi tradotte dall’una all’altra lingua; in un secondo momento, ognuno dei bambini tenterà di insegnare una ninna nanna nell’altra lingua alla propria madre;
3) registrazioni video delle madri che cantano o leggono le ninne nanne nell’altra lingua: i video saranno accompagnati da sottotitoli che ripeteranno letteralmente le parole così come vengono pronunciate dalle donne, e saranno esposti nelle biblioteche coinvolte.
Il processo non avverrà come passaggio d´informazioni verticale dall´adulto verso il bambino o dall’istituzione verso il cittadino, ma attraverso un’esperienza concreta e induttiva, di scambio relazionale diretto, un percorso comune e radicale di conoscenza.
Luoghi di realizzazione
Biblioteca comunale “Dino Penazzato” di Torpignattara, Biblioteca comunale Quadraro, Sala 1 Centro Internazionale d’Arte Contemporanea (San Giovanni).
Risultati attesi
Il progetto “Lingua Mamma” intende rafforzare i rapporti con le istituzioni che lavorano sul territorio per l’integrazione della comunità bengalese, e auspica un proseguimento delle attività culturali in collaborazione con l’Ambasciata e con le organizzazioni degli immigrati.
Questo progetto pilota vuole ottenere una buona risonanza sulla stampa locale e nazionale per contribuire alla sensibilizzazione di un vasto pubblico e delle istituzioni sui problemi connessi all’integrazione dei migranti nella nostra società. Inoltre “Lingua Mamma” si propone come modello che potrà essere replicato con altre comunità di immigrati non solo a Roma, ma in tutto il territorio nazionale.
Infine, il gruppo di progetto auspica una ricaduta immediata sul territorio coinvolto direttamente nel workshop, attivando nei partecipanti e in chi gli sta accanto nuovi processi di integrazione per i quali le istituzioni coinvolte rappresentino un punto di riferimento anche nel futuro, con ulteriori attività correlate.
Progetti selezionati
“CHANGE FACE / cambia faccia”
Artista: Paolo Baraldi
Istituzione culturale: GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo
Obiettivi
Cambiare aspetto, cambiare faccia, significa al contempo abbandonare la nomea che un quartiere (o un’area di edilizia popolare) si è suo malgrado costruita attorno e generare un nuovo senso di appartenenza per chi vi abita e per chi ci verrà in futuro. Il tutto all’insegna dell’arte come strumento di cambiamento e inclusione sociale, percorso nel quale il soggetto proponente verrà affiancato e supportato dai Servizi Educativi della GAMeC, da anni attivi su questo fronte attraverso l’attivazione di momenti di formazione e dialogo sull’arte contemporanea.
Destinatari
Gli abitanti dei condomini oggetto dell’intervento (cfr. “Luoghi di realizzazione”), con particolare attenzione ai giovani italiani e figli di seconda generazione di migranti, tra i 16 e 24 anni. Tale scelta è dettata dai legami stabili che l’artista ha già con questi gruppi presenti sul territorio – giovani, almeno una ventina, con cui il soggetto proponente è in contatto in qualità di educatore professionale nell’ambito di progetti territoriali dedicati alla popolazione giovanile promossi dall’Istituzione per i Servizi alla Persona del Comune di Bergamo.
Sintetica descrizione del progetto
Il volto di una persona, come quello di un luogo, è lo specchio del suo stato, del suo cambiamento, della sua evoluzione o involuzione; è un’apparenza che spesso segna un rapporto al primo sguardo.
Come intervenire per cambiare aspetto ad un quartiere o ad un’unità territoriale come un’area di edilizia popolare che da lungo tempo è oggetto di una fama non proprio brillante? Come dimostrano le esperienze realizzate dall’Albania all’Olanda, dall’Inghilterra alla Germania, passando per alcune città del centro Italia, una via ideale, economica e rilevante dal punto vista sociale, partecipativo e artistico, è senza dubbio rappresentata dalla pittura murale di grandi dimensioni sulle pareti cieche di condomini e “casermoni”. Prevenire il conflitto in aree della città densamente popolate ma ancora prive di tensioni sociali, creando spazi di dialogo per costruire un tessuto sociale e culturale che permetta l’emersione degli individui e dei loro vissuti su un piano di parità tra italiani e migranti, può generare un nuovo senso civico e di appartenenza.
Nella fase iniziale del progetto, l’attivazione del dialogo tra i ragazzi, l’istituzione e l’artista è prevista attraverso un incontro in museo sul tema dell’arte di grande formato e le relative istanze politiche, sociali e culturali; contestualmente sarà avviato un percorso condotto dai Mediatori Museali della GAMeC, al fine di condividere pratiche di narrazione e approfondimento del rapporto tra opera, significato negoziato e vissuto autobiografico.
In seguito a questa fase preparatoria, di concerto con i partner istituzionali (v. sotto), le pareti individuate per la realizzazione della pittura murale andranno circoscritte a non più di cinque, sulle quali cadrà la scelta finale. Contemporaneamente si dovrà coinvolgere il mondo adulto, preparando il terreno per una mediazione che vedrà ancora una volta i ragazzi protagonisti: obiettivo sarà mettere d’accordo i condomini degli edifici interessati dagli interventi, partecipando alle riunioni condominiali con gli educatori, i mediatori, l’artista e possibilmente i rappresentanti delle istituzioni partner. Atto finale di questa mediazione sarà la proiezione notturna dei progetti sulle pareti e una sorta di “votazione popolare” degli abitanti sulla loro efficacia, in modo da scegliere definitivamente il soggetto da dipingere. Le fasi successive saranno regolate da uno specifico progetto esecutivo.
I Servizi Educativi della GAMeC saranno coinvolti nella progettazione, svolgimento, verifica e valutazione dell’intero progetto. Altri partner previsti sono Laboratorio HG80, ALER e Assessorato all’Edilizia Privata e Politiche della Casa, Istituzione per i Servizi alla Persona del Comune di Bergamo.
Luoghi di realizzazione
Aree di edilizia pubblica nel Comune di Bergamo, in particolare nei quartieri di San Tomaso, Grumello al Piano, Valtesse, Monterosso, Colognola e Celadina.
Risultati attesi
• il coinvolgimento attivo di ragazzi/e di diverse provenienze, la loro attivazione e collaborazione nella direzione dell’autonomia e del protagonismo
• una buona mediazione tra istituzioni, abitanti, giovani e realtà culturali del territorio
• un cambiamento di prospettiva sulle politiche giovanili del territorio, ancora troppo attaccate a vecchi schemi, a visioni poco dinamiche del mondo giovanile
• una nuova e più corretta visione della street art e del muralismo non solo come interventi di arte pubblica, ma come veicoli eccezionali di cambiamento, di auto-rappresentazione e di crescita personale e sociale.
“DIRITTI DI CARTA”
Artisti: Emanuele Rinaldo Meschini (curatore), Ruggero Baragliu, Paolo Scarfone (artisti)
Istituzione culturale: Associazione Museo della Carta di Pescia ONLUS
Obiettivi
L’obiettivo del progetto è quello di offrire una prospettiva di partecipazione per una nuova domanda culturale e sociale e di promuovere una riattivazione della comunità cui è indirizzato. “Diritti di carta” indica a livello teorico la debolezza dei diritti – anche quelli basilari, come casa e lavoro – nell’attuale periodo di crisi; a livello pratico, sta ad indicare il mezzo che verrà usato per realizzare i suoi scopi, ovvero la carta: carta fatta a mano secondo l’antica tradizione occidentale delle cartiere.
Il progetto, in collaborazione con il Museo della Carta di Pescia (con il quale il curatore e gli artisti hanno già avuto modo di collaborare), si propone una riflessione attiva e partecipativa attraverso il mezzo della carta, al fine di creare una nuova carta dei diritti: una carta sulla quale tutti potranno scrivere quali sono i diritti fondamentali nell’attuale periodo di crisi internazionale. Il progetto, oltre a favorire il rapporto tra artisti e istituzione culturale, intende creare un processo generativo nel quale si stringano nuove relazioni tra la comunità e il Museo di Pescia, che proprio in questo periodo sta ultimando le ristrutturazione della vecchia cartiera, mettendo così in evidenza anche una particolare attenzione al territorio ed alle sue tradizioni.
Destinatari
La comunità di Pescia.
Sintetica descrizione del progetto
Il progetto si articola in tre fasi.
1) Creazione della carta: questa è la fase della memoria, della tradizione artigiana e del luogo. Il processo della creazione della carta è infatti basato su tecniche tradizionali e su fibre e materiali occidentali, distinguendosi, ad esempio, dai materiali e dalla lavorazione tipici della carta giapponese. Questa prima fase della memoria, che si svolgerà all’interno del Museo della Carta, è strettamente legata alla vecchia Cartiera di Pescia, attualmente in fase di restauro; gli artisti lavoreranno nel Museo, dove realizzeranno una serie di fogli bianchi fatti a mano.
2) Distribuzione: successivamente, tali fogli saranno distribuiti agli abitanti di Pescia, ai quali sarà chiesto di compilarli descrivendo quelli che per loro sono i diritti inalienabili dell’uomo, e come questi vengano oggi disattesi e perché. La seconda fase rappresenta il vero momento artistico del progetto, che si basa su tematiche legate all’ambito della Public Art. In questa seconda fase infatti il leitmotiv sarà quello della partecipazione: tra gli artisti e la comunità, tra la comunità e gli studenti, tra la comunità e il suo territorio. Il punto centrale che questa fase vuole mettere in evidenza è un processo di riattivazione attraverso la scrittura. Spesso queste modalità di intervento artistico vengono definite come riscritture del presente, e proprio in questa direzione il progetto si muove, rappresentando non solo la praticità della riscrittura, bensì il “grado zero” dell’operazione di scrittura, ovvero la creazione del foglio. Una pagina bianca è il luogo migliore d’incontro. Sempre in questa fase gli allievi del Prof. Massimo Squillacciotti (docente di antropologia cognitiva all’Università di Siena) intervisteranno gli abitanti coinvolti nel processo.
3) Esposizione: la terza e ultima fase rappresenta il momento di raccolta del materiale creato e la sua successiva presentazione. Nel Museo della Carta verrà allestita la mostra “Diritti di carta”, in cui i fogli compilati dalla comunità saranno esposti e le video-interviste ai partecipanti (la cui voce andrà così a completare e a raccontare il processo e le motivazioni di riscrittura) proiettate su schermi e pareti.
Partendo da un mezzo antico e ricco di tradizione come la carta si vuole offrire un nuovo “spazio”, la carta per l’appunto, alle nuove problematiche emerse nell’attuale periodo di crisi.
Luoghi di realizzazione
Il progetto si svilupperà tra il Museo della Carta e la comunità di Pescia. Nel museo gli artisti creeranno i fogli, nella comunità i fogli verranno distribuiti, e infine i risultati di questa cooperazione verranno esposti nel Museo.
Risultati attesi
I risultati attesi sono di due tipologie: a breve e a lungo temine. I risultati a breve termine riguardano la partecipazione attiva e sociale della comunità alla realizzazione del progetto. I risultati a lungo termine invece sono legati ai tempi di ristrutturazione della vecchia Cartiera; lo scopo del progetto è infatti anche quello di riportare l’attenzione su questo edificio storico, segno distintivo della comunità locale.
“ORTO TOSCO-CINESE”
Artista: Leone Contini Bonacossi
Istituzione culturale: Museo della Vite e del Vino di Carmignano (provincia di Prato)
Obiettivi
Il progetto si colloca sulla scia di interventi già realizzati sul territorio per creare un “ponte” di familiarità tra comunità italiana e cinese attraverso la costruzione partecipata di un immaginario condiviso tosco-cinese. Il territorio di Carmignano ha la più alta percentuale di immigrati cinesi in tutta la Provincia di Prato; qui la paura dell’“altro” è centrale nella percezione della differenza culturale, e il sospetto cede quotidianamente il passo a pubbliche manifestazione di intolleranza.
Il riconoscimento della presenza cinese come parte integrante del patrimonio culturale e antropologico locale è un fattore dinamicizzante rispetto alla “toscanità” intesa come identità ipostatizzata, forte ed escludente.
L’urgenza principale è determinare uno spostamento del punto di vista e una risignificazione degli elementi conflittuali, gettando le basi per una traduzione interculturale trasversale rispetto al tessuto sociale.
Destinatari
Il principale destinatario è la comunità locale, italiana e cinese. Oltre che fruitrice, la comunità sarà anche attivamente coinvolta in tutte le fasi processuali, insieme alla comunità scientifica (antropologi, agronomi, etnobotanici) e artistica.
Radio e social network, peraltro, renderanno il progetto fruibile oltre i limiti della comunità locale.
Sintetica descrizione del progetto
Ormai da 15 anni i cittadini cinesi coltivano verdure come pai tzai e bok choy tra vigne e uliveti sulle colline e nelle zone industriali (ex-rurali) dell’hinterland pratese. L’agricoltura cinese di sussistenza è oggetto di sospetto e paura, e dunque è resa invisibile.
Il progetto consiste nella creazione di un orto tosco-cinese. La terra sarà offerta da un’azienda vinicola. I contadini disporranno del raccolto, ma in occasione degli eventi laboratoriali saranno tenuti a condividere il raccolto con il pubblico; l’orto è infatti concepito come frame per eventi laboratoriali che avverranno durante tutto l’arco del 2012. Si tratterà di quattro cicli laboratoriali di 3-4 giorni l’uno.
Schematicamente il format laboratoriale comprenderà:
• lezioni-incontri con agronomi e botanici sulla biodiversiotà introdotta dalla nuova agricoltura, per valorizzare e integrare nel patrimonio agricolo locale le verdure esogene, sottraendole così all’aura di mistero e timore di cui sono circondate
• lezioni informali, dibattiti interdisciplinari con antropologi, esperti di linguaggi visuali, mediatori culturali italiani e cinesi, per innescare una riflessione critica sul rapporto tra lavoro etnografico, pratiche creative e impegno sociale
• eventi culinari partecipati tosco-cinesi per attrarre un pubblico più vasto e la comunità cinese; eventi informali e conviviali (abbinamento di vino e cibo cinese, degustazione guidate di vino in italiano e cinese ecc.).
Gli etnobotanici saranno l’elemento cardine di tutti gli incontri e creeranno il collante tra dimensione socio-culturale, alimentare e botanica.
Ulteriori azioni previste:
• laboratori per bambini (italiani e cinesi) legati alle pratiche della coltivazione nelle due culture
• progressiva raccolta di articoli e materiale testuale (nella prospettiva di una pubblicazione come output finale)
• realizzazione di un sito internet attraverso cui monitorare la vita dell’orto e gli eventi laboratoriali ad esso collegati
• documentazione video del momento laboratoriale e delle fasi processuali a monte di esso (da cui la creazione di un meta-documentario).
Luoghi di realizzazione
L’orto tosco-cinese verrà realizzato nel comune di Carmignano (provincia di Prato), in una zona mista rurale/abitativa ad alta densità di abitanti cinesi.
I laboratori e gli incontri avverranno nell’orto stesso, le conferenze stampa e la mostra finale (proiezione del meta-documentario, presentazione della pubblicazione) avverranno nel Museo della Vite e del Vino.
Risultati attesi
Sul piano simbolico:
• la familiarizzazione con pratiche agricole differenti è l’occasione per gettare le basi di una traduzione interculturale e per intaccare il sospetto reciproco tra comunità italiana e cinese
• introdurre informazioni concrete sull’alterità culturale nel patrimonio di conoscenze della comunità locale; tali informazioni, legittimate dalla comunità scientifica, hanno la finalità di riempire le zone d’ombra che rendono reciprocamente estranee le due comunità, trasformando la percezione dell’Altro come usurpatore nella percezione dell’Altro come opportunità.
Output:
• il complesso processo di interazione sarà inoltre fatto oggetto di uno sguardo critico, ovvero di un’etnografia audio-visuale. In concreto verrà prodotto un documentario, un auto-racconto del progetto stesso, degli auspicati successi e delle eventuali aporie che potranno manifestarsi in corso d’opera
• oltre al documentario verrà prodotta e pubblicata una raccolta di articoli e riflessioni scaturite dall’attività laboratoriale, a cavallo tra antropologia, etnobotanica ed agronomia.
Recapiti degli enti promotori del Premio
– Connecting Cultures
via Novi, 2 – 20144 Milano
tel. 02.36755362
http://www.connectingcultures.it/
info@connectingcultures.info
– Fondazione Ismu, Settore Educazione, Patrimonio e Intercultura
via Copernico, 1 – 20125 Milano
www.ismu.org
Referenti del progetto
– Anna Detheridge, Presidente Connecting Cultures
info@connectingcultures.info
– Simona Bodo e Silvia Mascheroni, Fondazione Ismu, responsabili del programma “Patrimonio e Intercultura”
patrimonio@ismu.org
Data di pubblicazione della scheda: marzo 2012